Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 mag 2010

Dialoghi sulla religione naturale - David Hume (Saggio - 1779)

"Le vecchie domande di Epicuro sono ancora senza risposta. Vuole prevenire il male, ma non ne è capace? Allora è impotente. Ne è capace ma non vuole? Allora è malvagia. Ne è capace e lo vuole? E allora da dove proviene il male?"

I "Dialoghi", con estrema lucidità e impetuosità, profanano quanto di più certo potesse esserci nella mente degli uomini: l'esistenza di Dio. Infatti, il tema essenziale di questa accesa e tesa conversazione tra diversi attori è che non può essere dimostrata, né a priori né a posteriori, l'esistenza di un Essere sommo, per alcuni necessario.
La forma dialogica, insieme allo stile lapalissiano, permette di seguire senza grandi affanni l'analisi che il filosofo di Edimburgo sviluppa. Ne scaturisce uno scritto che ha nello scetticismo, in questo atteggiamento razionale e non dogmatico, l'epifania dell’onesta superbia dell'uomo di ragione. Le prove dell'esistenza di Dio, accettate e ostentate nel corso della storia della filosofia, con arguzia e finissima e impeccabilissima logica, sono smantellate da uno spietato Filone, l'alter ego di Hume. Nelle sue riflessioni questi si appoggerà alle domande di Epicuro sulla divinità, oltre che alle sue stesse scoperte scettiche in campo epistemologico. Sembra che anche il "Sistema della natura" del barone d'Holbach sia sullo sfondo delle idee di Filone, così come il "Dizionario" di Bayle. Di fronte alla sua logica, gli altri due protagonisti in un primo momento sicuri e imperturbabili, devono per forza di cose cedere, anche se non lo ammetteranno mai. La certezza di Cleante - il teista dietro cui si nasconde la figura del filosofo e teologo Samuel Clarke, sostenitore dell'argomento del "disegno" - e di Demea - che rappresenta sia i filosofi che hanno cercato di provare con la logica l'esistenza di Dio sia i filosofi che hanno seguito la via "mistica - fideista" - è distrutta a colpi di cannoni dalle argomentazioni di Filone. Quest'ultimo si mostra ironico, sembra abbia disegnato sulle labbra un ghigno di derisione, eppure è estremo nella sua idea di tolleranza. Gli basta un semplice sguardo per capire i malumori dei suoi amici per riconoscere il momento in cui tacere. Per contrasto, gli altri due sono nervosi, quasi intolleranti, e attaccano Filone ingiuriandolo e accusandolo d’ignoranza (atteggiamento non mutato ai giorni d'oggi...). La loro arroganza si manifesta soprattutto alla fine, con l'abbandono del confronto di Demea, quando Filone-Hume sosterrà che la morale è indipendente dalla religione e che anzi questa, e la prova non è solo storica, la corrompe. Non può essere altrimenti: i precetti religiosi sconvolgono le inclinazioni naturali dell'uomo, e questo subbuglio non può non riflettersi nella società.
Quest'opera postuma (a seguito delle solite censure, persino degli amici più intimi) è la summa del pensiero humeiano. Per dimostrare l'indimostrabilità di Dio, infatti, troviamo le sue sovversive idee epistemologiche, alcune riflessioni sulla morale. Tuttavia, sebbene sia utile conoscere il pensiero del filosofo empirista e quindi antimetafisico, la lettura non è affatto difficile e scoraggiante. L'Appendice che accompagna i "Dialoghi", inoltre, che contiene tra l'altro un'autobiografia e le lettere agli amici sugli stessi "Dialoghi", ci offre la possibilità di capire ancor di più la straordinaria e toccante mitezza di un filosofo che per fortuna la storia (anche se nella cattolica Italia non è molto studiato...) non ha dimenticato.

26 mag 2010

Addio alle armi - Ernest Hemingway (Romanzo - 1929)

"Ajmo giaceva nel fango sul fianco della scarpata. Era molto piccolo e aveva le braccia aderenti al corpo, con le gambe strette nelle fasce e gli scarponi fangosi riuniti e il berretto sulla faccia. Era proprio morto"

Avevo letto altri libri di Hemingway e sempre mi sono chiesto dove scorgere la grandezza straordinaria, perlomeno così ho sentito dire, di questo scrittore statunitense. Continuo, con un lanternino in mano, a chiedermelo!
Siamo in Italia, durante la prima guerra mondiale. La scelta di una simile situazione, già di per sé cospicua di elementi di meditazione (e si potrebbero ricordare altri titoli, altri capolavori con la stessa ambientazione...), sarebbe capace d’incuriosire e indurre a pensare alla riuscita della storia. Eppure leggiamo la semplice cronaca di un’esperienza personale, di un amore personale, che se ha qualcosa di universalizzabile è la distanza abissale tra una letteratura americana, stantia e sempliciotta, e una letteratura europea, profonda e davvero ricercata. Uno stile per nulla avvincente, il più delle volte banale; un racconto che infastidisce, il più delle volte scaduto; un messaggio, se ne ha uno e in potenza potrebbe averne di importantissimi, poco maturo. I dialoghi, molti, sovente sono banalissimi; mai una riflessione che trascenda l'ordine dei singoli fatti narrati, mai una generalizzazione, un’espressione intima sulla guerra, sulla paura, sull'uomo, sull'amore. Leggiamo descrizioni poverissime nel lessico, tantissime insopportabili ripetizioni. I primi incontri tra il protagonista e Catherine e i loro dialoghi sono a dir poco nauseanti e infantili. Gli unici momenti divertenti si possono setacciare nelle descrizioni sbeffeggianti dei gerarchi italiani…
Ma il romanzo, a onor del vero, non è sempre così immeritevole. Dopo la convalescenza, le pagine dedicate al nuovo rientro sul fronte iniziano a essere più riflessive e godibili. La descrizione della ritirata dopo la sconfitta di Caporetto, finalmente, pone spunti di riflessione sulla vita, sulla morte, sulla guerra; e la lettura, per quanto mi riguarda, si fa meno fastidiosa e noiosa: almeno il racconto si fa più avventuroso. Quest'ultima parte, insieme e soprattutto al tragico finale, seppur senza grandi guizzi emotivi, m’induce, ma solo un poco, a ricredermi.

23 mag 2010

Liszt maestro di piano - Caroline Butini Boissier (Diario - 1832)

"Normalmente inizia i suoi pezzi insensibilmente, talvolta con indifferenza, poi si anima ed entra in uno stato tale di esaltazione che il suo petto si gonfia, gli occhi scintillano, palpita, ansima, quasi esce di senno tanto la sua anima è delirante"

La mamma di una giovane pianista, ammaliata dalla genialità di un ancora giovanissimo Liszt, decide di scrivere un diario delle lezioni della figlia con il maestro ungherese. Ne vengono fuori delle pagine intense, davvero sentite (a tratti decisamente romantiche...), su un Liszt davvero geniale. Precocissimo pianista, interessato all'arte tutta in una Parigi complicata per i sommovimenti popolari, il futuro compositore degli “Studi trascendentali” è un pianista appassionato e appieno abbandonato alle emozioni. Attento all’esattezza di quest'ultime, quasi maniaco e pretenzioso maestro di precisione, ne viene fuori il ritratto di un giovane che si sente scomodo, inadeguato nel tempo in cui vive. Non c'è dubbio, ha delle idee appassionate su alcuni autori anche contemporanei, ma sa già che il suo tempo deve essere il tempo dei cambiamenti, delle rivoluzioni. E lui, sin da giovane, si sente il poeta vate di questa innovativa metamorfosi. Il pianoforte è la sua protesi, è il senso stesso della sua vita. Dedito all'esercizio smisurato al fine di cogliere l’assolta compiutezza nell’interpretazione, percepisce e ammicca la sua grandezza, ma, come un romantico che si rispetti, vacilla tra i limiti che solo lui si riconosce e il genio che possiede e che tutti gli riconoscono.

Il libretto è ricco di curiosità e di sentimento di stima e amicizia verso un uomo e un artista straordinario. Nel narrare le lezioni, alle volte con meticolosità, la signora Butini Boissier usa tecnicismi pianistici non sempre da me comprensibili, nondimeno la lettura scorre spassosa.

21 mag 2010

Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo - Stephen W. Hawking (Saggio - 1988)

"Il profondissimo desiderio di conoscenza dell'uomo è una giustificazione sufficiente per il persistere della nostra ricerca. E il nostro obiettivo non è niente di meno di una descrizione completa dell'universo in cui viviamo"

Tutto ha origine con delle domande, forse le domande per antonomasia. In fondo chiedersi da dove e come ebbe inizio l'universo, perché è così, se esisterà per sempre o collasserà verso il nulla, ha a che fare con le radici della nostra stessa esistenza di uomini razionali. Da sempre ci siamo chiesti chi siamo, perché e come siamo qui. Ci siamo meravigliati di noi e dell'universo intorno a noi, e abbiamo iniziato a darci delle risposte. Se una differenza esiste tra noi e tutto il resto, ritengo sia nella capacità che abbiamo di incuriosirci, di non accontentarci mai di risposte incomplete (e all'interno di questa differenzazione se ne potrebbero aggiungere delle altre di natura assiologica tra gli uomini stessi...), di spingerci sempre e comunque alla ricerca di un fine. La brama di sapere tuttavia è definita dai suoi intrinseci limiti. Si sa, la nostra ricerca è incapace di vederne i confini che nella strada verso la verità via via diventa sempre più ardua. E probabilmente è qui che dimora il fascino della ricerca: una continua lotta verso una luce che è visibile lontana, ma a cui non si potrà mai arrivare. Un uomo sin dall'inizio sconfitto quindi, eppure incapace di arrendersi. Un uomo che più sa e più la sua indagine si complica. E sarà inevitabile per molti cercare una risposta in un Dio onnipotente. Per fortuna però ci sono uomini che non si accontentano di semplicistiche e inappaganti soluzioni e la corsa non si arresta. E il dubbio, l'ammissione d'ignoranza diventano di nuovo motori da cui ottenere la spinta per darci un senso. Nonostante la difficoltà della ricerca della verità, l'uomo non si ferma mai. E' spinto da una forza la cui potenza supera perfino le certezze rivelate e quelle ritenute apodittiche: la curiosità, il desiderio incontrastabile di sapere e capire sempre di più. Alla fine, forse, è proprio questa pulsione verso l'ignoto la ragione della nostra stessa esistenza di uomini razionali.
Il libro di Hawking è un saggio di divulgazione sullo spazio e sul tempo. Ci aiuta a capire, anche e soprattutto a chi di cosmologia e di fisica conosce poco o nulla, quanto lo studio sia impegnativo. La storia delle scoperte, per ovvie ragioni molto sommaria (che vede Galilei, Newton, Einstein i punti di riferimento per l'Autore), è esposta con semplicità e intelligenza, e si comprende il perché questo libro sia un best seller della divulgazione scientifica.

18 mag 2010

Museo d'ombre - Gesualdo Bufalino (Varie - 1982)

"Anni fa, non so più quando, ma dovette essere prima che i poeti cominciassero a piangere sulla morte delle lucciole, mi accorsi, uscendo di casa una mattina, ch'era tempo di tornare a far pace col mio paese"

Sebbene sia un'"Antologia di Spoon River" comisana, i cui mestieri, i cui luoghi, i cui visi, i cui proverbi sono cari ai ricordi e alle rappresentazioni dello scrittore siciliano, nel silenzio degli anni che scorrono come l'Ippari o l'Anapo, i limiti provinciali si accrescono e si dilatano adagio adagio per divenire sempre più universali, più siciliani. E infatti certi mestieri, certi luoghi, certi personaggi paesani, certi proverbi, io, che non sono comisano ma sono siciliano, li ricordo; prima che morissero. E mi commuovo pensando che sono scomparsi tra i frastuoni della velocità, del tempo perseguitato dagli uomini tormentati dalla sete della premura.
In questo quasi penombroso florilegio, ci troviamo inzuppati in un passato non lontano, è vero, ma ormai quasi del tutto dimenticato. Bufalino, con una straordinaria capacità stilistica ed emozionale, ci porta tra le sue rievocazioni di bambino in una Sicilia andata, in una Sicilia povera, in una Sicilia commovente. E' però questa una Sicilia di luce, al contempo contraddittoria e malinconica, gialla come il sole, azzurra come il mare, rossa come la lava; ingenua, senza mafie né scoppi di lupare in piena notte. Una Sicilia lontana forse, di fiaba, eppure viva negli occhi di memoria che presto, è assai probabile, si chiuderanno per sempre…
In piccoli frammenti di poemetti in prosa, la sapienza poetica del professore siciliano esalta le sensazioni del lettore. Sublime, ma non v'erano dubbi, quando il protagonista è il ricordo personale. Come quando si guardano vecchie fotografie in bianco e nero, è riversata tutta la malinconia di chi vede le cose cristallizzate in un istante e si osservano immutabili ed eterni, ma che invece, immancabilmente, sono evaporati per sempre nel regno delle ombre.

In fondo è un regalo leggere questo libro soprattutto per chi con il passato ha un conto in sospeso, dal malinconico sapore lunare.

16 mag 2010

I sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica - Immanuel Kant (Saggio - 1776)

"Perciò io non disapprovo il lettore se, invece di considerare i visionari come semi cittadini dell'altro mondo, li ritiene senz'altro e per davvero candidati al manicomio e si dispensa così da ogni ulteriore ricerca"

Nelle risposte alle opere e alle storie dello svedese Emanuel Swedenborg - capace, a suo dire, di comunicare con le anime dei morti - il filosofo di Konigsberg anticipa sommariamente, ma già piuttosto categoricamente, molte delle intuizioni delle future e "rivoluzionarie" "Critiche".
Testo antimetafisico, con quel pizzico d'ironia tipico dell'Illuminismo francese, cerca di mostrare, direi a ragione, quanto incapace sia la natura dell'uomo di conoscere lo spirito e tutto quel mondo indefinito e vagheggiato che lo circonda. Kant inizia così a porre i primi paletti ai limiti della ragione umana che poi saranno saldati definitivamente nella futura "Dialettica". Però, come in verità nelle opere maggiori, sembra che il filosofo, nello scoccare i colpi di fioretto nel duello contro l'oscurantismo, non abbia un polso fermo e deciso. E' quasi impaurito di ferire a morte; di scrivere che persino il Dio delle religioni è puro spirito... Non è un caso che in questo volumetto, dopo un accenno frettoloso, il problema non sia nemmeno abbozzato...
Il pamphlet è facile da leggere, ha una struttura e una forma non accademiche, scorrevole e scevro da tediosi scolasticismi. A tratti diverte, a tratti annoia, ma è breve e non è eccessivamente greve. Sebbene non sia mai citato, è innegabile la forte presenza di David Hume, il filosofo scozzese che svegliò Kant "dal sonno dogmatico".
In questa edizione (BUR, 2001), l'ampio e ben articolato saggio introduttivo di Guido Morpurgo - Tagliabue, se si conosce almeno manualisticamente il pensiero kantiano, è da leggere anche per le piccole curiosità sulla vita del pensatore tedesco che compì la rivoluzione copernicana in filosofia.

13 mag 2010

Cronache marziane - Ray Bradbury (Romanzo - 1950)

"Il razzo si levava nella fredda mattina invernale e creava l'estate a ogni respiro dei suoi possenti ugelli di scarico. Il razzo faceva i climi, le stagioni, e l'estate fu per un breve istante sopra la terra..."

Romanzo di fantascienza - o raccolta di racconti molti dei quali legati tra loro -, le "Cronache" di Bradbury fanno pensare. Non solo permettono di riflettere sulla natura del racconto di fantascienza (a quanto pare, Bradbury ha in qualche modo rivoluzionato questo genere letterario), ma anche e soprattutto perché ci pone di fronte, direi filosoficamente, al confronto con noi stessi e gli altri. Il pianeta Marte, infatti, inizialmente ostile e difficile (non dissimile nelle sue città, nella sua lingua, nella composizione chimica dell'atmosfera, nella natura a quelle terrestri) è colonizzato dagli uomini lentamente e a fatica. E l'inevitabilmente contatto con altri luoghi e altre civiltà propone nuovi quesiti sulla natura umana e sulla diversità. Gli uomini, che sulla Terra nel frattempo stanno scatenando una guerra atomica, sfruttano il pianeta rosso con gli stessi criteri con cui hanno costruito la civiltà sulla Terra. Marte, che poteva essere un posto dove vivere un'altra possibilità, un'occasione nuova da sfruttare, acquista via via le sembianze di un'altra frastornata Terra. Spicca quindi il desiderio di gloria degli uomini, la loro intollerabile follia. I colonizzatori sembrano poco disposti ad accettare i confini dettati dalla natura e dalla bellezza, dalla differenza ovvia con un luogo e con abitanti di cui poco conoscono. I pochi marziani descritti, e la loro cultura, sono armonizzati perfettamente con la natura. Una civiltà che ha saputo convivere con il proprio pianeta e che ne ha accettati i limiti. Questa nuova visione proposta dai marziani, di fronte alla grettezza degli uomini, il relativismo culturale suggerito quindi dietro le pagine, è il messaggio che lo scrittore americano in fondo vuole lasciarci.
Malgrado il pessimismo che aleggia nelle pagine, alla fine, seppur nella malinconia della guerra e della distruzione, una qualche forma di ottimismo è possibile leggervi. I buoni propositi espressi nell'ultimo capitolo, difatti, fanno sperare in una differente e più "umana" epoca post-diluviana.
Un accenno allo stile. Le riuscite descrizioni dei luoghi e delle emozioni, frammentate da efficaci dialoghi, fanno da contrasto alle quasi assenti rappresentazioni, e sta qui la rivoluzione di cui si accennava prima, della tecnologia fantascientifica che un ingenuo lettore potrebbe aspettarsi. Spesso però le storie sono poco dense e suggestive, a tratti prevedibili, anche se a dire il vero non mancano momenti di spiccata ironia, come quando i terrestri appena atterrati su Marte pretendono una festa di benvenuto nell'indifferenza totale dei marziani. Alcuni episodi mi ricordano un "Pianeta delle scimmie" ante litteram...
Una brevissima postilla su una singola storia: "Usher II". Certuni temi di questo racconto, ispirato dal celeberrimo racconto di Poe, "Il crollo della Casa Usher", annunciano il successivo, e non solo filosoficamente ben più avvincente, "Fahrenheit 451".

4 mag 2010

Frammenti di un discorso amoroso - Roland Barthes (Saggio - 1977)

"Un mandarino era innamorato di una cortigiana. 'Sarò vostra, - disse lei, - solo quando voi avrete passato cento notti ad aspettarmi seduto su uno sgabello, nel mio giardino, sotto la mia finestra'. Ma, alla novantanovesima notte, il mandarino si alzò, prese il suo sgabello sotto il braccio e se n'andò"

Attraverso i colori delle parole, siamo di fronte a una pennellata dell'innamorato. Chi parla, chi si sfoga è, infatti, una persona sedotta dall’amore. Quest'essere trascendente, quest'essere invasato, ha l'obiettivo e la pretesa di esplorare i propri sommovimenti tellurici di animo innamorato. L'analisi che compie, a dispetto della puntigliosità e la profondità vertiginosa, com’è nella natura dell'amore, è a tratti melliflua e stucchevole. Intendiamoci, non nelle parole in sé (queste sono a tratti ricche e vive), bensì nel senso. C'è un che di dolciastro che qua e là disturba, snerva e rischia di nauseare.
Il “discorso” è, in sintesi, un dizionario dell'amore. I frammenti si sviluppano scegliendo e seguendo i temi della struttura amorosa in ordine alfabetico. E come un dizionario, è un libro la cui lettura andrebbe sorbita lentamente, con parsimonia. Una lettura vorace e fulminea potrebbe tediare. La struttura a frammenti tuttavia esalta il piacere della lettura. La scelta poi di confrontarsi con alcuni autori e le loro interpretazioni sulle questioni amorose, dirette, impudiche, alle volte geniali, stordisce piacevolmente. Il volume è difatti anche una piccola summa moderna delle tesi sull'amore di cui s’impossessa l'io nel suo esame. Tra gli svariati temi trattati, il più ricorrente è quello della sofferenza in un rapporto di coppia. Un esempio è dato dall'amore appassionato del Werther goethiano: innamorato alla follia, disperato, suicida... Il romanzo di Goethe, è bene ricordarlo, resta un punto fermo in tutta la disamina barthesiana. E la straordinaria cultura e conoscenza linguistica barthesiana s’intravede tra le righe, ammiccante e divertita.
In tutto ciò, l'innamorato, l'io che scrive, è espressione di emozioni, ma anche di gesti e di azioni. Eppure sono quasi assenti nell'analisi gli slanci della passione sessuale, del sesso selvaggio e conturbante. L'innamorato che parla è cosciente di ciò che dice e pensa. Sembra in effetti più una persona che ha esperienza passata dell'innamoramento, che una persona innamorata nello stato attuale dell'invasamento amoroso.
Credo sia un libro da leggere nelle opportune condizioni emozionali, e che vada consultato, di tanto in tanto, come un promemoria.

1 mag 2010

Atene e Sparta - Philip de Souza (Saggio - 2002)

"Alla fine Nicia decise di andarsene, ma quando stavano sul punto di salpare ebbe luogo un'eclisse di luna. I superstiziosi ateniesi la considerarono un segno di malaugurio, la dimostrazione che gli dei disapprovavano la loro fuga"

Questo breve volume prova a raccontare una guerra, la guerra del Peloponneso, che ha inciso profondamente su alcune delle pagine più importanti, e forse più affascinati, della storia occidentale. Lo storico ci tenta, sfruttando la sintesi divulgativa, tuttavia ne viene fuori un riassunto poco suggestivo e appassionante. Il racconto dei fatti, appunto, alle volte procede sommariamente; mancano le chicche, gli aneddoti che divertono il lettore.
Gli episodi narrati, però, hanno il loro fascino. Il racconto degli avvenimenti siciliani, poi (certo per motivi di sangue), s’impossessa di un’essenza d'interesse maggiore. Ma anche questo specifico momento lascia a desiderare...
Malgrado ciò, ci troviamo innanzi alle descrizioni di anni di guerra, di anni di battaglie, di anni di tregua, di anni di attese. Si ha la percezione che gli uomini coinvolti nella guerra vivessero nella tensione della sospensione, dell’attesa. Ne emerge un lungo periodo di difficoltà che segnò inesorabilmente la crisi di una civiltà che ancora oggi ha parecchio da dire.
Le immagini con le didascalie e le mappe che corredano il libro, aiutando la lettura e la comprensione degli avvenimenti, permettono anche di intuire le dotazioni militari che sia gli uomini di terra sia di mare adottarono. E viene naturale pensare alla guerra, alla sua difficoltà e tragicità.
Sembra inevitabile, anche per l'autore, citare le fonti: Tucidide soprattutto, generale protagonista e testimone oculare, e Senofonte; entrambi esempi di storici tutt'oggi da seguire.

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