Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

20 lug 2010

Pirandello e il pirandellismo - Leonardo Sciascia (Saggio - 1953)

"Perché è la vita nei paesi, il sentirsi costantemente riflesso e giudicato negli altri, che dà al siciliano quella spietata voglia di frugarsi dentro, di ridurre la propria anima a un solitario, morboso e diabolico 'passatempo': il gioco di carte della solitudine, il compiacimento disperato di sfuggire agli altri, di far per gli altri carte false pur conoscendo spietatamente le vere"

Sciascia amava Pirandello, si sa. E in questi cinque saggi il racalmutese, oltre a dimostrarne la passione, gli fa onore.
Valutando l'importanza di Pirandello, attento alla storia, coltissimo, accorto lettore, alla luce delle critiche crociane e non, Sciascia diventa un paladino della giustizia contro chi vide nello scrittore agrigentino un fenomeno di moda, effimero. Nei saggi, infatti, si legge il tentativo (debitore in parte a Gramsci) di liberare Pirandello dal pirandellismo, ovvero dalle stanze filosofiche entro cui, forzatamente, lo scrittore di Girgenti è stato spinto e rinchiuso. Per farlo, l'autore del "Candido" volge lo sguardo alla panoramica degli studi critici su Pirandello e sulle discordie  tra i diversi intellettuali. Un occhio particolare è rivolto a Tilgher e alla sua "scoperta" di Pirandello e del pirandellismo.
Le riflessioni iniziano di solito partendo dalle critiche già registrate sul valore e la grandezza di Pirandello. Tramite esse Sciascia cerca di fare il punto e di correggere storture e imprecisioni. Il quinto saggio, il meno accademico, è quello che preferisco. Sciascia si lascia andare alle parole, appoggiandosi quasi solamente alle espressioni di Pirandello. Ne viene fuori una commovente apologia pirandelliana…
Le pagine sono secche (come nello stile sciasciano), ben strutturate, mai pedanti. Non mancano, e non poteva essere altrimenti, sguardi sul carattere della Sicilia e dei siciliani. La Sicilia che il racalmutese dipinge è spesso debitrice di quella dell'agrigentino. E le riflessioni sciasciane, nonostante la passione verso l'opera pirandelliana, trascendono il suo essere siciliano e allo stesso tempo vi si imbevono. Il legame tra la terra e l'opera, per entrambi, è un legame fortissimo ed è per questo che Sciascia, con la sua profonda sicilitudine, è un maturo critico dell'opera pirandelliana.

In breve: saggi non sfolgoranti, ma impegnati, profetici, giustizieri.

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