Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

27 giu 2011

Il volto della Luna - Plutarco (Saggio - I sec. d. C.)

"Giacché da un lato non si è ancora dimostrato che la terra sia il centro dell'universo, dall'altro la coesione e concentrazione in essa degli oggetti di questa parte del mondo ci fa intendere come sulla luna probabilmente ci siano altri oggetti che su di essa cadendo convergono e lì si arrestano".

Appartenente ai ‘Moralia’, questo breve scritto oscilla tra il trattato scientifico e il racconto letterario - filosofico. Il dialogo tra i personaggi inizia, come sempre, dalla definizione di un problema: le macchie lunari, dilemma su cui filosofi e scienziati si sono arrovellati per secoli, che tra l’altro disegnerebbero sulla metà visibile della Luna un volto. Questo, ammiccante, il pretesto. Il discorso invece si concentra più su cosa siano in realtà tali macchie e su come siano possibili imperfezioni su un corpo celeste. Il dialogo plutarcheo dunque, in un gioco tanto colto quanto vivace, riporta le diverse teorie che cercavano di spiegare il perché delle chiazze nere su un corpo che sarebbe dovuto essere senza macchie. Dai toni cortesi, la discussione sul perché sfocia in un breve e divertente confronto sulla possibilità che sul nostro satellite ci possa vivere qualcuno. Per infine trascendere e diventare racconto mitologico. 
Non ci sono definizioni superiori ad altre, né personaggi superbi. È un'operetta le cui tesi aprono molteplici vie interpretative, nelle quali lo scontro tra esse si risolve nella possibile scelta che il lettore può esercitare. L'autore propone più strade praticabili, il lettore sceglie quella che più gli si confà.
Cosa colpisce di più in questo trattato. Colpiscono soprattutto la vastità delle conoscenze di Plutarco e l’umiltà con cui scrive di un tema tanto delicato. Sorprende notare inoltre come nonostante la disparità delle molteplici teorie antiche oscurasse la verità, dopotutto, gli antichi sapienti non fossero così lontani da essa. E brucia notare che questo fermento, questa dolcissima curiosità fu accantonata per lunghissimi secoli per dare spazio all’insensata semplicità cristiana.

Sembra di rileggere le diverse speculazioni dantesche sullo stesso tema...

26 giu 2011

Lascaux. La nascita dell'arte - Georges Bataille (Saggio - 1955)

"Siamo pervasi da un sentimento di danza dello spirito davanti a queste opere la cui bellezza non consueta emana dei moti febbrili: ciò che ci pervade di fronte ad essa è la libera comunicazione tra l'essere e il mondo; l'uomo s'innalza mettendosi in comunione con il mondo che lo circonda, di cui scopre la ricchezza".

Negli ultimi giorni dell’estate del ’40, nei pressi di Montignac, un gruppetto di adolescenti s’imbatte nello stretto ingresso di una grotta. S’immergono nel buio; trovano la luce dei primissimi passi dell'homo sapiens. 
Tutti conosciamo le straordinarie raffigurazioni rupestri della grotta di Lascaux, nessuno si è mai tirato indietro nel riconoscere il loro ancestrale fascino. Meno che mai Bataille, il pensatore che in questo saggio, di ispirazione hegeliana, cerca di rilevare come a Lascaux, per la prima volta, l’animale è diventato uomo. La grotta è un "miracolo", è la nascita dell'arte e quindi del superamento dell'animale che riconosce la bellezza, la religione, se stesso come un tutt’uno con la natura. Tutto ebbe inizio a Lascaux. Festa, religione, gioco, trasgressione, nel loro movimento dialettico e nella loro sintesi, secondo il filosofo francese inaugurano un mondo nuovo: il mondo dell'arte. E in questo universo si manifesta l’importanza universale dell'arte per l'uomo. Ecco quindi che nata essa nasce l'uomo e nasce la comunicazione, tutta spirituale, tra gli uomini. Si segue una linea, un confine tra ciò che l'uomo era prima e ciò che è divenuto, tra l'animale e l'uomo che sa cogliere ed esprimere la propria vita interiore. L’arte è gioco; e con la sua origine l'uomo diventa pienamente tale. E con l'arte si ha il tempo per riflettere... 
Se una critica al saggio è possibile scovarla, si può rintracciare nella mancanza di una considerazione che sembrerebbe consequenziale. Con la luce dell’arte e quindi dell’uomo, la possibilità di quest’ultimo di avere del tempo per se stesso, la meditazione, il gioco, ossia la riflessione sulla componente temporale mi sembra sia poco percettibile nel saggio. In questo piacevolissimo scritto di Bataille, appunto credo si sia lasciato poco spazio all’idea che con l’avvento dell’arte l’uomo si sia impossessato, oltre che di una coscienza, di un bisogno, di un desiderio di comprensione della meraviglia del mondo che lo circonda, che solo il tempo libero poteva permettergli. Se con l’arte nasce l’uomo e viceversa, nasce pure il tempo, se nasce il tempo si partorisce la possibilità della comprensione (di cui l’arte è uno degli strumenti). 

Scritto con uno stile scorrevole e per nulla affaticante, è una brillante riflessione sull'arte, sulla bellezza, sulla passione e sull'amore, ma anche sull'uomo, sulla sua differenza dagli animali, sulla sua capacità di creare l'arte.

22 giu 2011

La bella di Lodi - Alberto Arbasino (Romanzo - 1972)

"Comunque, in un chiarore diffuso, senza immagini, come quando si aprono lentamente gli occhi emergendo dal sonno pomeridiano alla luce dell'esterno giorno; e lì, due grosse mani solide e controluce, con tutte le loro dita che si muovono lentamente".

Negli anni del boom economico, due ragazzi poco più che ventenni si conoscono in spiaggia. I due, Roberta e Franco, trascorrono una giornata particolare, di giochi della seduzione, che si concluderà con una notte di sesso; e un furto. Al termine dell’estate si rivedranno, quando Franco sarà fatto arrestare dalla stessa Roberta. Nel frattempo Roberta, gli incontri tra parenti, le feste, la famiglia: fugaci pennellate di un'Italia che, nonostante tutto, ancora si può riconoscere. Dopo il carcere, però, i due giovani amanti di una notte si ritrovano e, finalmente, vivono pienamente la loro storia di sesso.
Siamo dunque negli anni del 'miracolo', gli anni della spensieratezza, della gioventù che quasi non ricorda o non sa o non vuol sapere della guerra appena passata. I protagonisti, belli, seppur di estrazione sociale differente (lei possidente, lui meccanico), non hanno altro per la mente che divertirsi, che avere qualcuno accanto.
Paratesto interessantissimo (con molti spazi bianchi, paragrafi brevissimi alternati da altri poco più lunghi), stile un po' meno accattivante: è scorrevole, veloce, ma poco pregnante. Moltissimi dialoghi ricalcano gli accenti lombardi, ma non c’è quasi spazio al dialetto.
Qualche punta d'erotismo puro e molte citazioni letterarie, cinematografiche, musicali: i momenti attraenti del romanzo. Un libro della ‘beat generation’; italiano però.

14 giu 2011

Storie di ordinaria follia - Charles Bukowski (Racconti - 1972)

"Il mondo si destava. Certuni si svegliavano coi postumi della sbornia. Certi altri, con pensieri di chiesa. Perlopiù però dormivano ancora. Era domenica. E la sirena - la sirena dal bel culo, dalla dolce fregna morta - era ormai in alto mare. Dove ogni tanto un pellicano si tuffa e torna su con un pesce nel becco, a forma di chitarra, scintillante". 

A differenza degli stomachevoli scrittori della ‘beat generation’, Bukowski, loro erede forse, è decisamente di un altro livello. Nelle sue storie c'è spazio alla riflessione diretta, all’analisi, alla denuncia, al pessimismo non molto latente, all’illusione, alla fragilità, al non senso della vita. Non si raccontano solo storie senza il piacere di trovarne un senso. Qui siamo di fronte a un uomo, uno scrittore, un pensatore che ha scelto un'esistenza e, tra alti e bassi, ne affronta le conseguenze. I racconti, il cui sottotitolo recita: ‘erezioni eiaculazioni esibizioni’, tutti assillanti, brevi e stilisticamente coerenti, ci ritraggono infatti un personaggio, l'autore stesso ormai cinquantenne che non riesce ad avere ragione dello stile di vita americano, che si abbandona consapevolmente, e senza paura, al soddisfacimento dei suoi bisogni primari. Lavoro, famiglia, credenze religiose e politiche, le grandi e inattaccabili verità della nostra società sono contrapposte e sostituite semplicemente dalla grazia dell’ambigua libertà. Libertà che si traduce nell’avere uno stomaco pieno, un letto morbido su cui dormire e una bella donna al proprio fianco pronta ad appagare i tuoi appetiti sessuali.  Eros e Thanatos camminano a braccetto… 
È la quotidianità media che produce follia, e ne può essere vittima l'uomo non comune: Bukowski. I finali, eccellenti, danno l'impressione che la vita, gli eventi quotidiani e i bisogni primari, dopo tutto, debbano andare per la loro solita strada. E la vita di Bukowski, animalesca, in cui esiste una scala di valori primari, sesso, alcol, corse dei cavalli, scrittura, non può essere accostata all’altra, comune, quotidiana, umana; non gli appartiene, lo sa, ed è per questo che si sente un emarginato, ma anche un uomo che se ne frega degli altri. Alle volte è la rabbia, altre è l'indifferenza, il sentimento che lo scrittore prova di fronte gli uomini, l’ordinarietà. Quest'ultima è troppo ipocrita, vincolante, e non permette allo scrittore di esprimere ciò che realmente è: un uomo abbandonato al suo godimento. Follia? Chissà.

Lo stile di queste storie allucinanti, quasi tutte ovviamente in prima persona, è semplice e ripetitivo. Alcuni racconti sono essenziali per architettura e inventiva, altri invece sono così brillanti da sembrare scritti da qualche francese maledetto.
Di certo è un libro relativista!

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