Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

30 ott 2011

I piccoli maestri - Luigi Meneghello (Romanzo - 1964)


"Fin da principio intendevamo bensì tentare di fare gli attivisti, reagire con la guerra e l'azione; ma anche ritirarci dalla comunità, andare in disparte. C'erano insomma due aspetti contraddittori nel nostro implicito concetto della banda: uno era che volevamo combattere il mondo, agguerrirci in qualche modo contro di esso; l'altro che volevamo sfuggirlo, ritirarci da esso come in preghiera". 

Romanzo rivisto nel 1976, frutto di una decantazione della memoria e dunque di una riflessione scevra da eccessive pulsioni emotive, è il racconto disincantato di un gruppo di amici, con le idee dietro la nuca e l’arditezza sotto il cuore, che si organizzano e si improvvisano agguerriti combattenti per affrontare e resistere al fascismo e ai tedeschi occupanti. L’io narrante, lo stesso autore, incantato dalle suadenze della memoria e al contempo disincantato dal tempo trascorso, ricorda quasi con malinconia i fatti di guerra successivi all'8 settembre fino alla liberazione. È dunque un romanzo resistenziale, tuttavia senza quella patina abietta di eroismo e retorica che in qualche modo ha falsato verità e riflessioni. Le riflessioni dell'io narrante, sebbene di un giovane (è evidente dalle continue citazioni la formazione filosofica dello scrittore di Malo), sono profonde perché disilluse, amare perché hanno scavato fino in fondo la terra dell’opposizione. I continui accenni ai ricordi, fulminee intermittenze del cuore, danno un ritmo incalzante e tracotante. La rievocazione in questo modo è quasi sempre amara, spesso malinconica.
I protagonisti, per lo più giovani studenti universitari e di vita, sono ragazzi improvvisati eroi (perché la storia così l'ha definiti) ma che di guerra, guerriglia e imboscate sapevano solo dai libri di storia e da brevi e inadeguati corsi addestrativi. Sono sbandati alla ricerca di una nuova strada, però attenti a snidare, tra le insidie di una coscienza che si trova di fronte gli orrori dell’odio e della guerra, la costruzione di una nuova Italia. È un romanzo di formazione se vogliamo; il racconto dell’evoluzione delle coscienze, ma, come si scriveva, senza retorica, senza esaltazione. Nulla, infatti, è solenne in questi ragazzi, anzi molto sembra impacciato. E siccome non si nasce imparati, come si dice dalle mie parti, si impara anche ad adattarsi alla guerra, all’armonia romantica con boschi, alla resistenza, all’idea del nuovo. 
Se non c’è retorica nel racconto delle azioni di battaglia, l’elogio invece è vivo nel desiderio di una libertà che alla fine si rivelerà momentanea, un periodo sospeso in cui trova tregua un’anima intrappolata tra le fauci della guerra e le illusioni di un futuro da progettare. Anche per questo, il romanzo mi sembra una piccola summa di ricercate contraddizioni, di sublimi opposizioni. Tra poesia e ironia (nonostante la grevità dell'argomento non manca la raggiante ironia meneghelliana), tra l'umiltà dei personaggi e la superbia delle parole, tra l’antiretorica dei fatti e le figure retoriche, tra l’antieroismo e il desiderio di un futuro migliore, il romanzo si spande brillantemente tra opposti che coincidono.

Un libro educativo, superbo.

23 ott 2011

Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio - Sigmund Freud (Saggio - 1905)


"Tutta una serie di motti di spirito osceni permette di concludere a una nascosta inclinazione dei loro autori all'esibizione. I motti di spirito con tendenza aggressiva riescono soprattutto bene a coloro nella cui sessualità si può dimostrare una forte componente sadica, più o meno inibita nella vita".

Quali sono i meccanismi che inducono al riso? Perché il motto di spirito, l’umorismo, la comicità sono specchi su cui si riflette il nostro bisogno di piacere? Imparentata con 'L'interpretazione dei sogni' (1900) e 'Psicopatologia della vita quotidiana' (1904), l’analisi freudiana segnala una salda relazione tra il motto di spirito, il sogno e quindi l'inconscio. Il motto di spirito, la battuta, il gioco di parole sono come i sogni: nascondono qualcosa, lo mettono in un angolo, magari girato con il viso verso il muro, ma non sempre riescono a zittirlo. L'inconscio, quest'essere mostruoso costretto alle catene in un rifugio cavernoso, riesce a urlare, a filtrare e imbastardire lo spirito della battuta. Così, per mezzo dello spostamento e della condensazione, i motti denunciano una insoddisfazione che solo il riso può liberare. Il desiderio è in eccesso rispetto all’appagamento e quando ridiamo è come se recuperassimo lo stato psichico dei bambini, e siamo felici, soddisfacendo le nostre pulsioni sessuali e aggressive.
Il libro, un po’ lento, particolarmente analitico, farcito di brillanti motti di spirito (esempi da cui iniziare l’analisi), è anche uno studio sul linguaggio, sul gioco possibile che parole condensate tra loro o semplicemente dislocate procurano una modificazione di senso, un difetto di ragionamento, e dunque il riso.
Trarre piacere è il fine della risata e con questo studio il padre della psicanalisi ne tesse le lodi.

14 ott 2011

Un eroe del nostro tempo - Michaìl Jùr evič Lermontov (Romanzo - 1840)


"A una prima occhiata il suo viso non rivelava più di ventitré anni, anche se dopo sarei stato pronto a dargliene trenta. Nel suo sorriso c'era qualcosa di infantile. La sua pelle aveva una certa morbidezza femminea; i capelli biondi, naturalmente ondulati, incorniciavano in modo assai pittoresco la fronte pallida e nobile su cui solo una lunga osservazione permetteva di notare le tracce di un reticolo di rughe che probabilmente diventavano molto più marcate nei momenti d'ira o d'inquietudine interiore".


L’ingegnosa e originale struttura del romanzo, che di volta in volta si tramuta in raccolta di racconti o in diario intimo, ha come protagonista Pečòrin, uno dei prototipi del romanzo moderno. Burattinaio, crudele, manipolatore psichico, sadico, stratega, Pečòrin è il seduttore che non riesce ad amare, l’uomo che non riesce a stabilire un’amicizia per la vita.
Senza seguire un ordine cronologico, un uomo in viaggio (bellissime le descrizioni dei panorami caucasici) riporta su un diario le storie narrategli su Pečòrin. Il romanzo inizia con la mielosa ed eccessiva romantica storia di Bèla, una bellissima ragazza rapita da Pečòrin per un suo ghiribizzo. La ragazza è costretta ad amarlo, e così sarà. Fino a quando, mentre Pečòrin avverte la noia del rapporto, Bèla sarà uccisa con una pugnalata alla schiena da un uomo che voleva vendicarsi per una malefatta subita. Maksim Maksimyč, amico di Pečòrin, insieme al narratore, suo compagno di viaggio, lo incontrano per pochi istanti durante il loro viaggio e ne avvertono la freddezza, la noncuranza, nonostante la fraterna amicizia. A questo punto Maksim Maksimyč, deluso dal comportamento dell’amico, affida al narratore il 'Diario di Pečòrin'. Nel diario si racconta di un furto subìto in una notte dal sapore mitologico; di un amico allievo ufficiale infatuato di una principessina moscovita, di come quest'ultima, con il calcolo e lo stratagemma, invece si innamori di un divertito e indolente Pečòrin; del duello con l'amico militare e la morte di quest'ultimo; di una scommessa dal sapore vagamente metafisico sull'esistenza della predestinazione.
L’amore, l’amicizia, la vita: fuochi destinati a spegnersi, a riscaldare fino a quando l’inevitabile noia con il suo vento ne spegnerà le fiamme. E la consapevolezza del suo cinismo, della sua insoddisfazione, della sua solitudine fa di Pečòrin uno degli eroi moderni.

12 ott 2011

Racconti - Edgar Allan Poe (Antologia - 2003)


"A volte, ahimè, la coscienza dell'uomo si carica di un peso d'orrore tanto grave, da non riuscire a liberarsene che nella tomba. E così l'essenza di ogni colpa rimane segreta".

Sin da quella lontanissima notte d'estate in terrazza, quando per merito di alcuni amici e di un racconto di Poe (mai potrò dimenticare la diafana 'Morella' - non in questa raccolta) capì per la prima volta che anche un racconto fantastico poteva essere veicolo di conoscenza e insieme sussulto, sin da quella notte di luna crescente l'opera del più grande scrittore americano è stata mia compagna inseparabile. Lessi, anzi divorai tutti gli scritti dello scrittore di Boston e il ricordo di quelle letture è parte di me. Poi qualche sporadica e mai sistematica rilettura, come i tizzoni che si ammucchiano sul fuoco per rianimare le fiamme. Rileggere oggi, dopo molti anni, alcuni dei racconti che hanno compiuto in me una vera e propria rivoluzione copernicana mi colpisce con una densa fragranza d’autunno, mista ad alcune gocce di malinconia. 
Donne affascinanti perché sfiorate dalla morte, uomini terrorizzati e nevrotici, doppi perseguitati, dimore decadute e maniacalmente descritte, deduzioni ovvie ma di ingegno, enigmi risolti con arguzia, il respiro della morte, della follia, dell’amore. Poe, filosofo e sociologo oltre che immenso scrittore e poeta, è uomo sì della prima metà dell’Ottocento, ma che è riuscito a vedere oltre e spingersi fino a tracciare lo stato di abbandono dell’uomo contemporaneo. Si coglie nei suoi racconti un malessere che non è solo dell'uomo Poe, ma dell'Uomo in generale. E così non solo il genio dello scrittore si fa interprete di un mondo e di un'epoca, ma ne anticipa i volti futuri, trasfigurati da una consapevolezza che li rende ancora più definiti nella loro nevrosi. Il protagonista poeiano, infatti, è un uomo nevrotico, disadattato, disgraziato, ansioso, solitario, e soprattutto ossessionato (caratteristiche che denunciano il carattere dell'Autore?). E se le descrizioni sono morbose, l’ossessione con cui scruta il tempo e i luoghi in cui sono calati i suoi protagonisti ne definiscono meglio la visione scomposta della società, sfaccettata e complessa. L’ossessione è il sostantivo che meglio definirebbe i racconti di Poe. I racconti sono dell'ossessione, del tormento. E l’uomo contemporaneo non è tormentato, ossessionato dal tempo e dagli spazi che occupa?
Se volete assaporare il brivido della lettura, consiglio sempre di leggere i racconti di Poe. Se dovessi indicare due racconti perfetti: 'L'uomo della folla' e 'Il cuore rivelatore' su tutti.

P.S. Da ricordare la ricca e intelligente introduzione di Barbara Lanati.

8 ott 2011

Erotikon - Charlotte Hill e William Wallace (Antologia - 1992)


"Il conflitto tra l'amore sacro e l'amore 'profano' è una creazione della religione giudaico-cristiana. Nell'induismo, al contrario, il sesso non è affatto ritenuto peccaminoso o vergognoso: è considerato dal buon senso comune un piacere di cui godere senza colpa mentre, dal punto di vista teologico, l'unione sessuale di Shiva e Parvati, il Dio e la Dea, è l'espressione della perfetta unità".

Se avete paura delle vostre reazioni fisiche (e pure intellettuali) quest’apprezzabile antologia illustrata dell'erotismo, ispirata all'arte figurativa e alla letteratura mondiale, non fa per voi. Il proibito, almeno ciò che una certa visione delle cose ci costringe a considerare tale, fa capolinea in queste pagine infiocchettate di pitture, incisioni, foto, racconti il cui tema principale è l’eros, il desiderio sessuale, il proibito appunto.  
L’antologia si muove sempre con lo stesso schema: brevi introduzioni tematiche annunciano brani scelti da opere erotiche letterarie, da quelle più antiche alle ultimissime del secolo scorso, farcendo i margini delle pagine con raffigurazioni che, sebbene delicate e ricercate, niente lasciano all’immaginazione. Alcune riproduzioni sono pregevoli oltre che gustose e lasciano trasparire, così come i passi dei romanzi scelti, l'ironia e il sorriso appena accennato nel raccontare o raffigurare le proprie esperienze sessuali. È anche da notare la differenza di vedute tra la puritana civiltà occidentale e quella emancipata orientale… 

Insomma, se siete pudichi o perbenisti, se vi vergognate di fronte a deliziose immagini di atti erotici o di fronte a seducenti racconti di sesso, non leggetelo, non sfogliatelo nemmeno, potrebbe solleticare troppo i vostri sensi e indurvi in tentazione.

6 ott 2011

Il Dr. Jekyll e Mr. Hyde - Robert Louis Balfour Stevenson (Romanzo - 1885)


"In quel momento pensai a un'idiosincrasia, a un'avversione personale, e mi meravigliai soltanto dell'acutezza dei sintomi; ma in seguito ebbi ragione di credere che il motivo di quell'avversione giacesse nel profondo della natura umana e che nascesse da qualcosa di assai più nobile che il sentimento dell'odio".

Tutti conoscono lo strano caso dello scienziato che per mezzo di una bevanda di sua invenzione si tramuta in un malvagio signore inglese. La storia è avvincente, si legge d'un fiato e la sua scrittura elegante gli conferisce ancor di più il merito di essere un racconto di successo. Lo scrittore scozzese ci ha offerto un capolavoro senza età, un racconto all’apparenza semplice e disincantato, ma che invece possiede un alchemico miscuglio di inventiva, riflessione, severità. 
Il tema del doppio (argomento quanto mai prolifico in quegl’anni e nei seguenti) non è solo la lotta tra bene e male. È la constatazione manichea della contrapposizione dualistica tra corpo e volontà, tra costrizione sociale e libertà, tra Eros e Thanatos, tra ordine e distruzione, che tuttavia si fondono a forgiare l’Uomo. Un romanzo degli opposti in breve; opposti che si combinano però, denunciando la molteplicità e l’ambiguità della personalità umana. Personalità multiple che, se colte, annientano l’equilibrio ottenuto dall’ottusità dell’ignoranza. Solo quando morirà il dottor Jekyll, diventato definitivamente signor Hyde, la sua sordida vita potrà trovare quiete e lindore...
Oltre ad essere un romanzo finemente psicologico, il capolavoro di Stevenson è anche un romanzo sociale. Di fatti, la Londra sfarzosa sull’orizzonte (modello di un mondo occidentale fiducioso e in pieno sviluppo economico e sociale), all'occhio dello scrittore nasconde un animo catramoso e agghiacciante. I suoi cittadini sono quasi sommersi dall’opulenza, ma in realtà dietro agli angoli si trovano quartieri malfamati: gli antri di cui è meglio tacere dove il male trova libero sfogo. E in questa luce macchiata da foschi cantucci, l’uomo vi si perde: una pedina inconsapevole che si muove obbligata da una forza invisibile, ingovernabile, insondabile. 

Un classico intramontabile.

4 ott 2011

Il pornografo - Restif de la Bretonne (Saggio - 1769)


"Ripeto: l'attuazione di questo progetto presenterà qualche inconveniente. Ad esempio sembrerà legalizzare la prostituzione, che ora è solo tacitamente tollerata. Ma questo fatto inevitabile è davvero un inconveniente? E, qualora lo fosse, non è forse abbastanza compensato? Si opererà un bene effettivo e il male sarà, per così dire, solo teorico". 

Non è vero che la verità attecchisce e trionfa nel tempo (e la mancanza non è della verità, ma dei limiti umani). Ad esempio, un certo moralismo, specie in Italia, ha ancora una prepotente voce in capitolo e riesce a manipolare con astuzia (ma senza la ragione della storia e dell'evidenza) le 'coscienze' di uomini e donne, elettori ed elettrici, che si affidano solo all'autorità di una tradizione più e più volte smentita. Una condizione, oggi, che diventa insopportabile soprattutto perché oramai ingiustificabile. 
I tanto biasimati libertini del '600 e '700 furono i primi, riesumando pensieri dimenticati poiché scomodi, a togliersi i paraocchi e a cercare di smantellare a colpi di urlanti parole il viscido moralismo che dopo secoli si era incollato sotto il cuore dell'uomo. Restif de la Bretonne è stato, con cognizione o no, uno dei promotori di un senso di libertà che adagio ha spolverato sul suo mantello la polvere dell'ipocrisia. Certo, sulla sua figura e sul suo pensiero libertino e illuminista molto si può scrivere e condannare, ma non è questo il luogo opportuno. Concentriamoci invece su uno dei suoi scritti più celebri.
Il tema della prostituzione (il termine ‘Pornografo’, di invenzione dello stesso Restif, vuol dire ‘scrittore che parla di prostituzione’), argomento di fondo delle lettere di quest’opera, seguendo i dettami della Storia e della relatività della morale, propone (scandalosamente, è vero, ma con una logica raffinata) la soluzione del problema della sifilide e della clandestinità. Accantonati bigottismo e pregiudizi, lo scrittore francese sostiene che la prostituzione debba essere regolamentata. Illustrando la sua volontà legiferatrice e i vantaggi e l'utilità conseguente, l'autore analizza l'obbrobrio che vige falsamente nella società moderna.
Attenzione: la prostituzione non è esaltata come un bene. È invece un male necessario, da cui si può essere in grado di sciogliere preoccupazioni ben peggiori e dissolute. 
Certo, il regolamento che l'autore propone ha poco di tollerante, ammende e punizioni corporali sulle prostitute disoneste, e il progetto letterario pecca di noiosa pedanteria (si suggeriscono persino le tariffe...). Le dissertazioni, spesso monotone, sono colorate dai resoconti amorosi e pudichi che l'autore delle lettere scrive a un amico lontano. È bene notare che i promotori della regolamentazione sulla prostituzione sono castissimi e timorati di Dio. 

Un libro sulla tolleranza e sul buon senso se vogliamo, ma non del tutto…

1 ott 2011

Cavour - Italo de Feo (Saggio - 1969)


"Come uomo politico, intese la politica quale essa deve essere: obbligo morale per il cittadino. Egli non fu soltanto un grande statista, il più grande, come universalmente è riconosciuto, fra quanti ebbero l'Europa ed il mondo nel secolo scorso".

Il Risorgimento è un momento storico di straordinaria importanza per noi italiani. Non è un caso che la bibliografia sul processo di unificazione italiana e sui suoi protagonisti sia sterminata. Tuttavia non sempre è pertinente, misurata, scientifica. Dietro i paraventi della retorica o della denigrazione spesso si nasconde la verità e il fastidio che può indurre. 
In questo saggio dal sottotitolo 'L'uomo e l'opera', la figura del conte di Cavour, un mostro politico divenuto mito, è pennellata con sensatezza e insieme passione. L’autore - solo per curiosità, autore di sinistra - fa largo uso (forse troppo) di citazioni dai diari e dalle lettere di Cavour e dei suoi parenti e amici, e nel riferire la grandezza diplomatica del piemontese alle volte sembra descrivere la biografia di un santo, di un genio (quale credo fosse), e sembrerebbe quasi patteggiare (e non mi spiace l’idea) più per il conte che per un Mazzini o un Garibaldi. Ma Cavour, si sa, non era un santo nel senso stretto del termine. Dai racconti dei suoi amori, della sua passione per il gioco, delle opere filantropiche e delle azioni politiche si tratteggia un uomo dal carattere deciso, puntiglioso, orgoglioso, anticonformista, brillante e ribelle. Sebbene di nobili natali, Camillo è un liberale, vicino all'utilitarismo di Bentham, si è battuto per la modernità, per idee di progresso che si scontravano con la Roma papalina ancorata a un pensiero bieco e superato; un santo laico insomma (forse oggi si direbbe laicista...), che con vigore, passione e soprattutto intelligenza, ha fatto l’Italia. 

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