Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 nov 2011

Bluff di parole - Gesualdo Bufalino (Aforismi - 1994)


"Per malconcia che fosse, sentivo la vita nel pugno come uno scettro, un talismano, una rosa... Ora è acqua, fra le dita malchiuse, che scivola via”.
"Più m'incaponisco a capirle, più vita e letteratura mi paiono le due facce d'un medesimo abrakadabra".

Vicino e ammiccante a 'Il malpensante' (1987), in uno stretto discorso non interrotto per argomenti, struttura e stile, questo libro si può considerare quale summa del pensiero del professore comisano. I titoli della prima e dell’ultima sezione - 'Lunario dell'anno che viene' e 'Lunario dell'anno che va' - manifestano la continuità con il primo libro di aforismi il cui sottotitolo recitava, per l’appunto, 'Lunario dell'anno che fu'. Una trilogia del pensiero, un bisogno urgente di mettere in contatto i libri scritti per sé al fine di erigere un’unica grande architettura fatta di pagine vergate di parole e riflessioni barocche.
Solitudine come vizio per rodersi dentro; la vita come lenta e inutile consunzione verso la morte; Dio con la sua imperfezione e la sua paura di mostrarsi; i libri ricolmi di menzogne e di verità; il peso della vecchiaia e la sua malinconica memoria; il tempo e la mancanza di curiosità come metro della morte: i soliti incommensurabili temi bufaliniani. Ma la brevità dell’aforisma e l’arguzia della parola, rendono le sue riflessioni gustose, sì, ma dal sapore aspro, a tratti violento, quasi velenoso.
Traboccanti di citazioni preziose di autori affini per gusto e per sentimento, disseminati di raggelanti aculei ironici, gli aforismi dell’immenso scrittore siciliano raccontano il pensiero di un vecchietto di provincia, dall'animo cosmopolita, che non ha più nulla da chiedere alla vita. Le parole sono balocchi per giocare alla vita, per smascherarla anche, ma con un che di provvisorio, di velleitario che alla fine lascia il posto alla sconfitta, al silenzio, alla rassegnazione della morte.

27 nov 2011

Stanley Kubrick Shining - Giorgio Cremonini (Saggio - 1999)


"L'ironia è un modo per deridere l'uomo, la presunzione e l'insufficienza dei suoi sogni e ordini sociali, ma anche per negare la verità e affermare di conseguenza il mistero, in tutte le sue forme: prima fra le quali quella che avvolge l'uomo, nel tentativo di mascherare la sua inadeguatezza, ovvero l'inadeguatezza del mondo che si è costruito attorno e dentro e che fa acqua - o sangue - da tutte le parti".

Dedicato interamente a uno dei capolavori dell'opera kubrickiana, e a uno dei capolavori del cinema horror, questo è un saggio attento e semplice - nell'accezione migliore del termine -; un libro, è ovvio, per chi ha almeno un'idea della filmografia del regista statunitense. 
Nell'analizzare il film del 1980 (anche descrivendo dettagliatamente singole sequenze), l'autore intende mostrare quanto in fondo sia il tema della contraddizione dell'uomo - sia essa del singolo uomo, come nel caso di Jack Torrance, sia essa collettiva, come nel caso, ad esempio, de 'Il dottor Stranamore' o di 'Full Metal Jacket' - la linea di sostegno dell'intero cinema di Kubrick. È un conflitto, quello umano, che nasce dal contrasto tra i limiti della ragione e l'infinita stupidità umana. Contraddizione che può avere uno sbocco: la follia. Il film, infatti, altro non è che un viaggio, una discesa verso gli intrecci oscuri della labirintica mente umana. 'Shinig', dunque, come labirinto della psiche (non a caso il labirinto, sia esso l'hotel sia il dedalo innevato, è uno dei protagonisti del film). Così la dimensione orrorifica di quest’odissea si fa interiore, intima. La follia, l'assenza di una spiegazione logica che si rivela negli sguardi di Jack o nella fotografia degli anni ’20 che chiude il film, infatti, definisce il lungometraggio come un’eccellente opera d’arte sull'inconscio, sul dubbio e sulle sterminate possibilità dell'opera aperta.

Su un regista che non lascia nulla al caso, il libro si sofferma molto non solo sugli aspetti tecnici della pellicola, ma anche sulla sua portata filosofica, sociologica, oltre che psicologica. Un film sfuggente, fantastico, spiazzante: tutti i requisiti per ottenere un cinema capolavoro.

24 nov 2011

Stanley Kubrick - Bill Krohn


"Dei grandi riferimenti che hanno accompagnato il giovane Kubrick - due grandi guerre e la Shoa, l'America e l'Europa, il giudaismo, la fotografia, il gioco degli scacchi - il più plasmante è senza dubbio quest'ultimo. Come molti grandi registi, Stanley Kubrick era un tipo davvero eccentrico, come lo sono i campioni di scacchi".

Scopo dichiarato della monografia è di mostrare come Kubrick, il geniale cineasta scomparso nel 1999, sia ancora vivo. La sua figura e la sua opera restano epocali, mentre la loro enigmaticità non manca di suscitare attrazione e riflessione. 
Dai richiami biografici quasi del tutto assenti, il lavoro del critico cinematografico americano racconta cronologicamente la filmografia dell’ingegnoso regista. E le mosse del gioco degli scacchi, le ripetizioni dei temi, così come il ‘perturbante’ freudiano, ne sono il leitmotiv. Gli aneddoti riguardanti i film e la loro realizzazione, seppur non moltissimi, sono raccontati con intelligenza, e le citazioni critiche e i pensieri dello stesso autore sono illuminanti e preziosi per capirne la profondità. Il libro è arricchito da bellissime immagini che ritraggono il regista sul set, oppure gli sguardi concentrati degli attori, o ancora i fotogrammi dei film. Sono presenti anche schede di approfondimento utili per comprendere alcuni dettagli della sua suggestiva opera.

Un libro per cominciare i primi passi verso l'esplorazione di un universo a tratti tuttora inesplorato.

19 nov 2011

Minima moralia - Theodor Wiesengrund Adorno (Saggio - 1951)


"La negazione della verità oggettiva attraverso il ricorso al soggetto include la negazione di quest'ultimo: non resta più nessuna misura per la misura di tutte le cose, che cade in balìa della contingenza e si trasforma in falsità. Ma tutto ciò rinvia al processo reale di vita della società".

Scritto tra il '44 e il '47 del secolo scorso, è un libro di pensieri e aforismi (153 per l’esattezza) sull'etica e sull'estetica. Già il sottotitolo, "Meditazioni della vita offesa", ci annuncia il disagio dell’uomo che ha subito la guerra, che subisce la tecnologia e il brutto. Se vogliamo, possiamo pensare al libro come a un invito alla riflessione sull'impegno politico, più nello specifico al ruolo che l’arte potrebbe avere sull’etica: l'estetica al servizio, a guida della politica. Ma nel prendere sul serio l’assoluto, il bello, l’arte, occorre prima di ogni cosa riconoscere che Hegel si sbagliava (e ciò non è difficile) e ribaltarlo considerando il tutto come falsità. Quindi è la critica delle apparenze, il rovesciamento di tesi e antitesi per una sintesi nell'idea della falsità, che ci dà il fondamento di tutto. Ecco perché credo sia un libro, oggi contraddittoriamente dal forte sapore reazionario, sul dovrebbe essere. L'incipit di tutto dovrebbe essere l'individuo, ma la cultura di massa e il 'kitsch' non permettono una piena realizzazione dell’uomo.
Quasi assillante, seppur in modi diversi, la presenza di Freud, di Marx, di Hegel e di Nietzsche, i pensieri di Adorno sono uno spaccato, solo all’apparenza disomogeneo, della cultura dell'uomo moderno occidentale, superstite di una guerra e del nazismo che hanno un peso non facile da sopportare (soprattutto se si è stato osservatore diretto e vittima). Le riflessioni del filosofo della Scuola di Francoforte sono dunque inevitabili e focalizzano la loro attenzione sulla stupidità dell'estremismo. Allora la riflessione è pure un'analisi spietata, perché sincera, di una società devastata dalla guerra, ma che in parte è ancora attuale. 

Un libro che forse pecca di generalizzazione; un'opera, per stile e contenuti, non facile e con idee, forse, oggi non del tutto freschissime.

10 nov 2011

Antigone - Sofocle (Tragedia - 442 a. C.)


"Sapevo bene - cosa credi? - che la morte mi attende, anche senza i tuoi editti. Ma se devo morire prima del tempo, io lo dichiaro un guadagno: chi, come me, vive immerso in tanti dolori, non ricava forse un guadagno a morire?"

Antigone, figlia incestuosa di Edipo e Giocasta, per pietà reca degna sepoltura al fratello Polinice, accusato di tradimento, andando contro il divieto di Creonte, fratello di Giocasta e nuovo re di Tebe. La decisione dell’arrogante e orgoglioso re è tremenda: Antigone deve essere sepolta viva. Ma dopo le tremende profezie dell’indovino Tiresia, Creonte decide di fare un passo indietro. È troppo tardi però, Creonte trova la ragazza impiccata nella grotta in cui era stata murata. Soverchiato dal dolore e dall'odio verso il padre Emone, figlio di Creonte e amante di Antigone - vittima della passione ma anche del buon senso (bellissimo lo scontro dialettico con il padre) -, si toglie la vita. E alla notizia della morte del figlio, Euridice, sposa di Creonte e madre di Emone, si uccide.
Siamo di fronte alla tragedia della scelta e della necessità, della legge divina contro la legge dell'uomo. Il destino è dettato dalla colpa dei padri (se di colpa, oggi, si può parlare) e non vi è via di fuga possibile se non nella scelta tra il vivere nella colpa e nel dolore, o nella morte. Una storia triste dunque, non tanto perché c'è odore di morte, di assassinio e suicidio, quanto perché questo puzzo nauseabondo è sprigionato da false e meschine credenze. Nella tragedia di Sofocle scorgo un esempio di come la superstizione possa essere nefasta.

Sebbene oggi, parole come fato, destino, colpa, non abbiano lo stesso significato di allora, la storia di Antigone mostra tutta la sua modernità e universalità. Lo scontro tra ciò che si ritiene giusto e ciò che non lo è, tra la natura e la convenzione, tra la passione e la ragione, tra la ragione e la follia, tra il dolore e la morte, insomma tra gli ossimori della vita, resta attualissimo. E non mi sorprende che la forza di questa tragedia sia ancora prepotente.

4 nov 2011

La caduta nel tempo - Emil Michel Cioran (Saggio - 1964)


"Non esistere più per nessuno, vivere come se non si fosse mai vissuti, bandire l'evento, non avvalersi più di alcun momento né di alcun luogo, svincolarsi per sempre da ogni assoggettamento! Essere liberi significa emanciparsi dalla ricerca di un destino, rinunciare a far parte sia degli eletti sia dei reprobi; essere liberi significa esercitarsi a non essere niente".

Di fronte a un pensatore come Cioran possiamo solo inchinarci e al contempo godere amaramente. Sprofondato dentro se stesso, alla maniera di un mistico laico, il filosofo rumeno scopre un uomo innaturale, paradossale, illogico; un fallimento della creazione. Vittima di Dio e dopo della conoscenza, l’uomo è un insulto al senso. L’uomo viene sempre dopo, non è mai principio e principe. E se Dio invece lo è (principio e principe) è solo un sobillatore, un mostruoso tiranno che si diverte e si crogiola nella sua incapacità. Eppure è sempre l’uomo (in una ribaltata prospettiva pascaliana) che più conosce e più assume il carattere della singolarità e diventa la nota stonata, la dissonanza della natura, dell’universo. Grazie alla conoscenza coglie la vastità del cosmo e in essa riconosce la sua inutilità, l’assurdità del proprio essere esistente.
Ovviamente questi saggi filosofici, e tutta l’opera del filosofo, vertono sulla natura dell'uomo in una prospettiva, come si direbbe, pessimistica e nichilista. Cioran tratteggia un uomo orgoglioso ma smarrito, superbo ma limitato, inconciliabile con la natura; che si trova nella storia, anzi c’è precipitato come un Lucifero, ne ha spezzato il silenzio e ora non è in grado di ristabilire l’auspicabile assenza dei suoni. Così cadendo, l’uomo si fa complice del tempo, della sua illusione di evoluzione, di progresso. E allora ci si chiede: il progresso è davvero un bene?
Ma un rimedio esiste al male dell’esistenza: la soluzione consisterebbe nella rinuncia a essere sempre bramosi di qualcosa (il debito verso Schopenhauer – ma anche alla filosofia orientale, a Nietzsche, a Bergson, a Pirrone - è evidente), alla preghiera, alla ricerca di senso. È un autore che scivola delicatamente nell’ascetismo, nella ricerca interiore, nella magniloquenza della solitudine. Il sacrificio della solitudine, l’elogio del nulla e della stasi, dunque. Soltanto quando l'uomo invade il nulla, diviene niente, può sperare di ottenere un margine di libertà.
Due righe sullo stile. Il tocco è prezioso. Ogni frase presa a sé ha il dono della perfezione dell'aforisma. Ciò non vuol dire che il pensiero sia sconnesso: è invece finemente logico, lucidissimo, e allo stesso tempo niccianamente sfrontato e categorico.

Un libro forse ancora inattuale; un libro violento!

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