Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

30 lug 2012

Arancia meccanica - Anthony Burgess (Romanzo - 1962)


"Poi, fratelli, venne. Oh, estasi, estasi celeste. Giacevo tutto spalandrato verso il soffitto, il planetario sulle granfie, fari chiusi, truglio aperto per la beatitudine, snicchiando il fiotto di suoni meravigliosi. Oh, era magnificenza e magnificità fatta carne. I tromboni sgranocchiavano oro rosso sotto il mio letto, e dietro il planetario le trombe fiammeggiarono argento per tre volte, e là vicino alla porta i timpani rotolarono dentro le mie viscere e poi uscirono e si sgretolarono come tuoni di zucchero. Oh, era la meraviglia delle meraviglie! E poi, come uccello dei più rari che vorticava metaceleste, o come vino d'argento che scorreva dentro una nave spaziale, con la gravità che non aveva più senso, arrivò il violino solista sopra tutti gli altri archi, e quegli archi erano una gabbia di seta intorno al mio letto. Poi il flauto e l'oboe perforarono come vermi di platino la spessa, grossa caramella oro e argento. Ero in piena estasi, fratelli."

Alex, giovanissimo protagonista e amichevole narratore, è un teppista, uno di quelli il cui unico divertimento risiede nella violenza gratuita. In compagnia di altri tre ragazzi, affronta la noia della vita abituandosi alla routine della brutalità. Una violenza che diventa ordinaria e che, alla lunga, anch'essa annoia e spinge Alex a pretendere sempre più, sempre più ferocia... E così, vittima del tedio e della vendetta dei suoi amici di banda, finisce in carcere e per uscirne velocemente accetta di essere sottoposto a una cura: la 'Ludovico'. Questa fantomatica cura è un lavaggio del cervello vero e proprio che porterà il protagonista a star male di fronte ai suoi istinti animaleschi, annullando così il suo essere spontaneo e portandolo persino a desiderare la morte. Solo il tempo, nell'ultimo capitolo di Burgess, solo la maturazione e il confronto con la società potranno portare Alex a divenire un uomo accettato e accettabile in una collettività conformata e regolata.  Sebbene sia geniale il pessimismo finale della meravigliosa e sublime trasposizione cinematografica di Kubrick (a cui non si può fare a meno di pensare) che non prende in considerazione il postumo ultimo capitolo dello scrittore inglese, Alex nel romanzo elabora la sua crescita e ci saluta con una nota di speranza...
Alex, in fondo, non è nient'altro che il nostro inconscio, la nostra parte che è libera da qualsiasi condizionamento e pretende ciò che vuole a ogni costo. Incarna il principio del piacere freudiano che mal sopporta schemi e imposizioni, ma che vuole essere unicamente libero. Una libertà sconfinata però, che, vecchio discorso, sconfina nelle libertà degli altri. È l’emblema dell'homo homini lupus! In tutto questo, Alex è anche l’emblema della contraddizione. È aggressivo, gratuitamente violento ma, al contempo ama la bellezza, ama la musica, ama la filosofica sinfonia n. 9 di Beethoven con il suo messaggio di gioia e fratellanza… 
Con uno stile originalissimo, con un linguaggio modernissimo che ti catapulta in un futuro non lontanissimo, carico di gergo surreale, di neologismi e di espressioni che sembrano modi di dire ma che non sono mai stati detti, con magnifiche descrizioni di spazi e della forza assoluta della musica (altra grande protagonista), colmo di ossimori del senso comune è un romanzo geniale. Un romanzo sulla scelta, sulla responsabilità, che esplora i rapporti tra arte e violenza, tra bellezza e libertà, tra impulsi razionali e società, tra delitto e castigo, un romanzo persino sulla politica...
Un libro filosofico con, tra le diverse, un'idea di fondo: che la malvagità è nell'uomo e, nonostante i condizionamenti sociali, un sostrato di violenza ne resta a fondamento. Un trattato sul contrasto tra physis e nomos dunque. Un libro arcaico, prezioso, che tocca e parla di tutti; un libro dell'antica Grecia, insomma.

Nessun commento:

Posta un commento

Archivio blog