Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 dic 2013

Piccolo galateo erotico per fanciulle - Pierre Louÿs (Aforismi - 1926)

"Rendetegli grazia per avervi istillato il desiderio di godere e per aver creato mille modi per farlo".

Libro scandaloso, scabroso, oltraggioso, i cui pensieri superano il limite della decenza e del pudore; per questo motivo sono sorprendenti. Le ragazzine – non ancora adolescenti! - dovrebbero leggere i precetti dello scrittore francese per incrementare ulteriormente, perché anche se piccolissime sono già esperte, le loro conoscenze in campo erotico. 
È un libro immorale, un invito alla libertà sessuale anche in giovanissima età, con riferimenti per nulla celati all’erotismo pedofilo. Allo stesso tempo è la parodia dei manuali di bon ton in voga in una Francia dei primi del ‘900 ipocritamente perbenista. Tuttavia, nonostante questa estrema libertà propugnata, è un libro ricercato, stilisticamente aggraziato, a tratti seducente. 
Il testo è arricchito da pochissime ma significative foto di fanciulle nude e in pose non propriamente caste, che lo stesso Louÿs aveva fotografato. Sebbene oscene, anche le foto, come tutti gli scritti erotici, mostrano una particolare attenzione alla raffinatezza estetica della composizione.

Se avete voglia di farvi due risate...

21 dic 2013

Il vecchio Dio - Luigi Pirandello (Racconti - 1926)

"E sorse alla fine, flammeo e come vagellante nel suo ardore trionfante, il disco del sole. Per terra, sporco, infagottato, Gosto Bombichi, col capo appoggiato al masso, dormiva profondissimamente, facendo, con tutto il petto, strepitoso mantice al sonno".

Il rapporto tra scienza e fede, in cui la prima, scoprendo sempre di più la verità, scosta la seconda verso i baratri bui della superstizione e dell'ignoranza; il limite indefinibile tra la normalità e la follia; lo scandalo dell'infelicità umana; le ferite che il tempo e la lontananza provocano; il grigiore della quotidianità. In questa raccolta sono, nella sostanza, i temi principali trattati dal gigantesco Pirandello.
La vita di tutti i giorni è scrutata da occhi penetranti che scovano la superficie dello scorrere del tempo. I destini beffardi appaiono emblemi del disorientamento dell'uomo, oscillante tra un’accomodante e velleitaria serenità e le maschere dietro cui si cela la lotta tra l'individuo, se stesso e gli altri.
Da consigliare a chi crede che la vita sia un incedere stanco e claudicante verso il nulla.

9 dic 2013

Tonio Kröger - Thomas Mann (Racconto - 1903)

"Lavorava muto, chiuso, invisibile e pieno di disprezzo per quei piccoli spiriti il cui talento è una sorta di ornamento sociale, i quali, sia che fossero ricchi sia che fossero poveri, se ne andavano in giro sporchi e laceri oppure sfoggiavano il lusso mediante eccentriche cravatte, in primo luogo felici, intenti a vivere amabilmente e artisticamente, ignari che le opere buone sorgono soltanto sotto la pressione di una vita grama, che chi vive non lavora, e che bisogna essere morti per essere veramente creatori".

Tonio, figlio di una famiglia borghese, già a quattordici anni si diletta a scrivere versi. E in questi, nella sua tensione artistica, avverte la diversità rispetto ai coetanei e agli insegnanti; rispetto ad Hans Hansen -  l'amico verso cui nutriva un affetto quasi morboso - e Ingeborg Holm - la bellissima ragazza della quale era innamorato senza esserne corrisposto. Il ragazzo si fa adulto, viaggia, conosce il mondo, le varie forme di bellezze artistiche, e avverte dentro se stesso una sempre più robusta forma di disagio, di peccato, di disperazione, eppure non può fare a meno di dedicarsi all'arte, alla creazione. Soffre, vive in un limbo, perché, seppur in estasi, non riesce a condividere la sua passione per la bellezza, per l'amore della creazione. Poi il viaggio in Danimarca, il ritorno alle origini, la ricerca disperata di un'arte pura, profonda, lontana dalla formalità della bellezza italiana che gli è venuta a noia. Quindi il ritorno nella sua città natale, il tuffo nella malinconia dei ricordi, la forza della solitudine, e, durante le soste tra le località danesi, ecco che in un albergo incontra Hans e Ingeborg che si tengono la mano... E allora le pagine si fanno sublimi, altissime e la contrapposizione tra il dolore dell'arte e della conoscenza e tra la realtà della vita ordinaria e inconsapevole esplode in tutta la sua veemenza e sontuosità.

Racconto lungo o romanzo breve, è un'opera autobiografica; di nostalgia. Nostalgia verso un mondo, quello dell'adolescenza, ormai lontanissimo, in cui solo il ricordo di un'esistenza resta felicemente impresso. Ma è di nostalgia - quasi di rimpianto - anche perché Tonio più sa, e più è consapevole del suo essere creatore, più è diverso, distante dall’heideggeriana quotidianità media, e ciò lo rende triste. Gli altri sono felici, lui no, non può esserlo! Nutre invidia verso quelli come Hans e Indeborg, belli, biondi, con gli occhi azzurri, che vivono una vita senza tormento; addomesticati e conformisti. Tonio si accorge che la sua contraddizione non potrà essere risolta, che non potrà mai essere diversamente da com’è, che è destinato all’insoddisfazione, al turbamento, all’essere il prototipo della sofferenza dell’uomo moderno. Il protagonista non vuole vivere un'esistenza in cui la dignità della ricerca dell'essere sia perduta. Tonio-l'artista-Mann sente il bisogno di vivere la vita in piena coscienza, di autoaffermarsi nella dignità della ricerca del senso, nella disciplina di un'esistenza di perenne e contraddittoria tensione morale verso l'eroicità. Ma si è macchiato di una colpa mortale: durante il viaggio in Danimarca si abbandona alla vita media, e allora l’irrequietezza, la turbolenza, l’insoddisfazione dell’animo irrompono e lo sconvolgono ancora di più. E che finale; quella confessione di invidia, di bisogno di normalità…

Alcune pagine sono di straordinaria bellezza, così come le riflessioni sull'arte sono esemplari. È un piccolo ma eccezionale capolavoro (uno dei tanti del gigantesco scrittore tedesco), un poema sinfonico post-romantico in cui, su uno sfondo amletico, si nascondono vistosamente percettibili Nietzsche, Schopenhauer, Leopardi.

Un racconto riscoperto; a chi lo sa, un riconoscente pensiero…

1 dic 2013

South Park e la filosofia - A cura di Robert Arp (Saggi - 2007)

"La fede, quindi, sembra essere una specie di posizione di ripiego che si assume quando non si riesce a supportare il proprio punto di vista. Tale mossa non deve essere incoraggiata poiché renderebbe accettabile qualsiasi credenza".

In questa silloge di saggi, ventidue filosofi analizzano le principali figure, e i loro proponimenti didascalici, del celebre e stupefacente cartone americano "South Park", evidenziando quanto ciascun personaggio possa incarnare una tipologia di pensiero filosofico. Ne viene fuori l'esaltazione del pensiero dissacrante, del dubbio filosofico, dello scetticismo, in cui si ride di chi pensa di detenere la verità in modo assoluto. E non è un caso che spesso i temi religiosi siano alla base delle malefiche puntate... C'è un fine in tutto ciò, che coincide con quello della filosofia: cercare sempre e comunque la verità e insieme rendere il mondo in cui viviamo migliore possibile, istruendo le persone al pensiero e al valore della libertà.
Per farlo, "South Park" è messo, tra gli altri, in parallelo a Socrate, alla Arendt, all'esistenzialismo, all'utilitarismo, a Popper, a Platone e il libro diventa una palestra filosofica anche per chi di filosofia è a digiuno.
I ventidue filosofi spesso utilizzano il linguaggio del cartone - chi segue Stan, Kyle, Eric e Kenny, sa a cosa mi riferisco - e non mancano i momenti dell'ironia e dell'umorismo. È un libro, quindi, per i cultori del cartone americano, per chi ha colto in quei quattro amici un afflato pedagogico fondato sull'analisi, sull'autocritica, sull'osservazione, per chi non storce ipocritamente il naso di fronte a qualche oscenità.

23 nov 2013

La donna e il burattino - Pierre Louÿs (Romanzo - 1898)

"Il suo corpo flessuoso era espressivo da capo a piedi. Pareva che, anche velandone il volto, si sarebbe potuto indovinare il suo pensiero, pareva ch'ella sorridesse con le gambe, così come parlasse con il busto. Solo le donne che i lunghi inverni del Nord non fanno prigioniere accanto al fuoco possiedono questa grazia e questa libertà".

Conchita, la bellissima protagonista spagnola di questa storia, coltiva per diletto frutti amari: le sofferenze negli uomini. È una sadica dell'animo, è la tipica donna fatale che strazia i cuori degli uomini con promesse e rinvii. È una strega avida, mai sazia delle sue vittime.
André, un parigino in vacanza a Siviglia, durante una festa di carnevale si imbatte in una bellissima ragazza. Rimane folgorato dal suo splendore e vuole a tutti i costi conoscerla. Dopo averla inutilmente rincorsa, André riceve un bigliettino, un invito da parte di Concha. Ma l'incontro con Mateo, un amico spagnolo, lo spinge a non andare, a sentire dalla bocca dell'amico la storia di questa donna-strega-vampiro, del pericolo in cui potrebbe imbattersi. Ed è qui che inizia il romanzo vero e proprio. 
Si racconta del primo fugace incontro tra Concha e Mateo su un treno in una gelida notte di luna; il successivo ritrovo estivo e la confessione di Concha, nella malizia della scena, di essere vergine; l'innamoramento di Mateo; la fuga di Concha. Poi, in una notte di luna, Mateo riconosce il suo desiderio d'amore tra le inferriate di una finestra, e allora le nuove promesse mai mantenute, i nuovi rifiuti, fino alle crisi drammatiche, alle lotte furenti, fisiche anche, fino a quando Concha si concede mentre Mateo, lentamente si accorge di essere divenuto uno schiavo, un burattino, che non riesce a vivere senza di lei. Poi l’ennesimo abbandono, quello definitivo, assoluto. Così, finito il racconto di Mateo ad André, dopo che l’ha convinto a non diventare un’altra vittima di Concha, si scopre che lo spagnolo si prostra ancora una volta alla bellezza mefistofelica di Concha e le corre dietro...

Con uno straordinario modo di raccontare, di coinvolgere il lettore, sembra di calarsi in un'atmosfera magica, nell’incantesimo di un carnevale a Siviglia, di vedere la bellezza straordinaria di Conchita, di vederla mentre balla semi nuda davanti ai suoi pretendenti, di vedere come Mateo lentamente si annulla...
È, per concludere, un romanzo sulla donna fatale, ma è anche un romanzo sul carattere della Spagna, fiero, agguerrito, brillante, sincero, vitale. È un gioco di seduzione e respingimenti, l’esaltazione crudele dell’onnipotenza della bellezza femminile. E l'uomo dinanzi a una simile incarnazione? Rimane stregato, si lascia prosciugare, fulminare, si inebetisce, diventa un semplice burattino in balia di una strega assetata di sangue.

2 nov 2013

David Golder - Irène Némirovsky (Romanzo - 1929)

"Ma lui non l'ascoltava. Si premeva le mani sul volto, in preda a una sorta di vergogna, e taceva. Non si accorse che lei si era alzata, che restava un attimo sulla soglia ferma a guardarlo. Alla fine, Gloria se ne andò".

Golder è un anziano signore d'affari degli anni Venti del secolo scorso; cinico, luccicante nel nome e nell'apparenza, ma cupo quanto indifferente nell'animo. Circondato dal lusso, sente la stanchezza della solitudine sua e degli altri uomini d'affari che pensano solo ad arricchirsi o a suicidarsi di fronte a una sconfitta. Ed è proprio il suicidio di un collega a destarlo da quel sogno fatto di fumi. Il sogno sparisce del tutto quando è colpito da un collasso cardiaco, quindi la degenza, la solitudine e poi lentamente si rende conto che gli amici, la figlia, la moglie vivono tutti per il denaro, per l’ostentazione, lontani dal mondo reale, dal sudore. Allora, mentre cerca un senso alla sua esistenza, Golder scopre che la moglie lo tradisce da anni, che la figlia spendacciona e ruffiana probabilmente non è sua, che il mondo si approfitta di lui. Così, ancora malato, in preda a una crisi mentale, decide di rinunciare agli affari, con la conseguente perdita dei suoi capitali; è il suo modo di vendicarsi di chi gli sta accanto solo per approfittarsene.
È inevitabile, resta solo, abbandonato, aspettando che la morte lo colga. Poi una visita della figlia viziata bisognosa di soldi, di felicità, e il vecchio Golder, in preda alla compassione e all'orgoglio, decide di riprendere gli affari, di arricchirsi di nuovo e lasciare tutto alla figlia forse non sua. Ma quando conclude l’affare che lo avrebbe portato allo splendore di una volta, ineluttabilmente, sopraggiunge la morte, su di un letto di nave, da solo, meschino.

Un romanzo spietato, quasi religioso, pregevole, che non lascia speranze alla vanità, al lusso.

20 ott 2013

La necessità dell'ateismo - Percy Bysshe Shelley (Saggi - 1813/1815)

"Per migliaia di anni i sognatori pigri si sono perpetuamente aiutati l'un l'altro nel meditare sulla divinità, nel divinizzare il suo desiderio segreto, nell'inventare l'ipotesi adatta a sviluppare questo importante enigma. Il loro magro successo non ha scoraggiato la vanità teologica: uno parla sempre di Dio, uno è stato sgozzato in nome di Dio e questo essere sublime resta ancora la cosa più sconosciuta e più discussa".

Nei tre saggi e nel dialogo di un giovanissimo Shelley la questione dell'eternità dell'universo, il dualismo di matrice cartesiana, il confronto tra esistenza razionale di Dio contro la rivelazione, la relazione tra l'Onnipotenza e l'Onniscienza e il male e il bisogno che affliggono l'umanità sono i temi principali affrontati. Non ci sono solo le ammissioni di ateismo in questi saggi, ci sono lucidissime analisi contro ciò che è definito onnipotente e onnisciente, Dio, e contro ciò che è in noi e che dovrebbe sopravvivere dopo la nostra morte, l'anima. Nelle parole già mature del poeta inglese la teologia è progressivamente spogliata delle sue vesti fintamente scintillanti e rassicuranti e, nuda, si mostra per quella che è: un mucchietto di ossa mal assortiti.
Imbevuto fino alle ossa della cultura filosofica inglese, con un’ottima conoscenza della filosofia spinoziana, il discorso è sempre consequenziale e ovvio. Il tono quasi mai è polemico, ma quando l'autore pone alcune secche domande ai credenti la cadenza si fa quasi ironica e beffarda.
Saggi molto densi, mai superficiali, maturi.

1 ott 2013

Storia della morte in Occidente – Philippe Ariès (Saggio – 1975)

“Durante il lungo periodo che abbiamo percorso, dall'alto Medioevo fino alla metà del XIX secolo, l'atteggiamento di fronte alla morte è cambiato, ma così lentamente che i contemporanei non se ne sono accorti".

I saggi di Ariès sono il frutto di ricerche monumentali da storico che poi si fa sociologo. Documenti, fonti, dettagli minuziosi, studio dei riti, dei culti delle tombe e dei cimiteri, ma anche delle opere letterarie; tutto ciò che porta lo storico ad avere evoluzione e definizione di un atteggiamento della morte sono presi in considerazione, per concludersi in una percezione dell’idea di morte al tempo d’oggi. Ed è così che il lavoro dello storico si fa via via sociologico.
In questo lungo percorso intrapreso - dal primo medioevo a oggi, anche se non mancano accenni ai rituali romani - si coglie quanto e come profondamente diverso sia il nostro approccio alla morte, di paura e di barriera, da quello medievale in cui, invece, la morte è familiare, vicina, indifferente. Secondo lo storico, si passa da una “morte addomesticata”, la morte come evento familiare con i suoi riti allo scopo di ammansire la paura, alla “morte di sé”, dove il cattolicesimo inizia a giudicare ciò che si è fatto in vita, alla “morte dell'altro”, dove la morte è lasciata da sola, alla “morte proibita” dei giorni nostri, in cui la morte è vissuta in ospedale ed è considerata tabù da tenere lontana da tutti.

Un libro curioso, che pone l’attenzione su un tema talmente affascinante quanto poco studiato in ambiti accademici.

18 set 2013

Il maestro di Vigevano - Lucio Mastronardi (Romanzo - 1962)

"Ho scoperto come un individuo si senta in equilibrio con sé e col mondo. Ma tutti gli altri?
Ecco, suona mezzanotte. La domenica è morta. La mia domanda finisce con tutte le altre che mi sono posto e a cui non ho saputo rispondere.
Fra questa domenica e la prossima dovranno passare centosessantotto ore, a una a una".

Il protagonista, un maestro di scuola elementare in una Vigevano che inizia a vivere il boom economico, lotta e allo stesso tempo subisce e accetta il conformismo di una società fondata sull'idea che la maggioranza vince sempre, anche se crede che la Terra sia piatta. Il maestro vorrebbe vivere sereno, lavorando, stancandosi pure, ma libero. La moglie, invece, la quale nutre profonda invidia nei confronti degli altri divenuti benestanti nel paese della ricca ma culturalmente arretrata Lombardia, lo pressa perché avverte nella povertà un senso di vergogna. Eppure, quella del maestro contro i pregiudizi che una società agiata dedita al dio denaro, è, in fondo, una lotta senza impegno. Quindi la moglie che va a lavorare in fabbrica contro il parere del marito; la descrizione di una scuola elementare di altri tempi dove la severità e il ceffone miste ad assurdi tentativi di innovazione didattica erano l'avanguardia; la decisione di non fare più il maestro e dare la possibilità alla moglie e al cognato di essere proprietari di una fabbrica; gli occhi invadenti degli altri; la nascita e la prematura morte di un secondo figlio dai capelli rossi che desta feroci dubbi di paternità al marito; la noia di un lavoro che rende economicamente ma che non impegna la mente e non ti rende libero; il ritorno a scuola; la morte della moglie che si confessa fedifraga; il figlio che scappa; la vita che è fatta di rintocchi sempre uguali dove passato, presente e futuro rimangono identici… 

È un racconto dal sapore amaro, molto forte, come la vita di tutti i giorni dove la cadenza instancabile della routine, delle abitudini che lasciano scorrere la vita senza che ce ne accorgiamo, ci corrode dall’interno.
Un romanzo sullo scorrere uguale del tempo, sulla monotonia della vita; un bellissimo romanzo, il ricordo di una giornata straordinaria, un libro da tener a mente...

15 set 2013

L'arte di essere felice - Arthur Schopenhauer (Massime - 1864)

"Ognuno vive in modo diverso, che risulta differente a seconda della diversità delle menti: in conformità con queste ultime, esso è povero, insulso, piatto, oppure ricco, interessante, significativo. Perfino la diversità che il destino, le circostanze e l'ambiente producono nella vita di ognuno è meno importante della diversità delle menti".

La felicità e il piacere, si sa, sono illusioni, abbagli su cui crediamo per non disperare, per allontanare sofferenza e dolore dalle nostre meschine vite. Ma come mettere in relazione questo assunto assoluto con una ricerca eudemonologica? Schopenhauer, maestro del pessimismo più nero e profondo, risponde con queste massime, bianche e ovattate, che si può vivere meno infelici possibile, cercando consapevolezza e serenità in un piacere interiore. Lo scopo sarebbe di eliminare il dolore (non cercare la felicità) e solo così si potrà raggiungere la quiete dello spirito, la spensieratezza. Bisogna però cogliere la consapevolezza che è la moderazione lo strumento necessario per non essere infelici. La saggezza, dunque, si fa arma preziosa. Schopenhauer suggerisce che occorre abbassare le nostre pretese di felicità, perché questa è solo un sogno e la sua spasmodica ricerca porta inevitabilmente a delle sventure. L’uso della ragione deve essere il nostro conduttore di giudizio e, annientando il dolore, potremmo vivere il presente in modo sopportabile.
Un libro di consolazione più che altro, almeno per chi ne ha consapevolezza. Non è difficile notare, infatti, come Schopenhauer sia attento a non generalizzare e identificare tutti gli uomini come uguali.

Cinquanta massime luminose raccolte in anni di studi sul pessimismo della buia realtà, in cui Epicuro suggeriva dietro un orecchio e Seneca dietro l'altro.

12 set 2013

La cultura contro il fascismo - Bertolt Brecht - André Breton (Saggi - 1935)

"Alla brutalità dei suoi sotterranei adibiti alla tortura aggiunge quella delle scuole, dei giornali, dei teatri. Educa tutta la nazione e tutto il giorno. Non ha molto da offrire alla grande maggioranza, quindi ha molto da educare. Non dà da mangiare e quindi deve educare all'autodisciplina. Non può metter ordine nella sua produzione e ha bisogno di guerre: deve quindi educare al coraggio fisico. Ha bisogno di vittime e quindi deve educare al sacrificio".

I discorsi scritti dai due surrealisti per il Congresso Internazionale degli scrittori, tenutosi nel 1935 a Parigi, hanno una matrice fortemente comunista e si scagliano contro la prepotenza fascista che in quegli anni scuoteva l’Europa.
Il primo intervento, "Come fare cadere il nemico" di Brecht, sostiene che la barbarie dei fascisti non dipende dall'uomo, ma dalla mancanza di cultura. Inoltre Brecht è convinto che questa rozzezza sia necessaria per mantenere i rapporti di proprietà. Dunque, per sconfiggere il fascismo, lo scrittore invita gli intellettuali a discutere sul rapporto di proprietà, sulla vera radice del male.
Il secondo scritto, "Azione e sogno" di Breton, invece auspica una sintesi tra la cultura spiritualista francese e quella russa. Cambiare il mondo è possibile, ma è necessario anche cambiare la propria vita.

Brevi scritti che restano nella storia, che invitano il lettore di oggi a contemplare l’altissimo valore morale della cultura e della conoscenza.

8 set 2013

Requiem - Antonio Tabucchi (Romanzo - 1991)

"Senta, disse lui, creda pure che io non sia onesto nel senso che lei dà al termine, le mie emozioni mi vengono solo attraverso la finzione vera, il suo genere di onestà la considero una forma di miseria, la verità suprema è fingere, questa è la convinzione che ho sempre avuto".

"Un'allucinazione", il sottotitolo del romanzo, è un sogno che racconta le dodici ore dell'io narrante in attesa di incontrare un personaggio misterioso. Il libro non ha un incedere lineare, i capitoli sono brevi flash onirici, dove troviamo tra l’altro personaggi di romanzo che entrano in scena, un venditore di racconti orali, un amico morto che lo porta a pranzo fuori, il fantasma del padre morto anche lui che gli appare giovane in sogno, un copista di dettagli dai quadri di Bosch, una casa e un faro luoghi di ricordi, una partita a biliardo mai giocata, una cena surreale con Pessoa.
Siamo di fronte all'irrazionalità che si tuffa a capofitto nel racconto, a un’intermittenza di ricordi, sogni e visioni intriganti. Un cocktail che parrebbe preannunciare un piccolo gioiello letterario, ma a tratti è diluito e, se non si conosce la cultura portoghese, specialmente la sua cucina, a tratti insapore.

Scritto in portoghese da un italiano, è un omaggio a Lisbona, alla cucina portoghese, a Pessoa.

2 set 2013

Schopenhauer, Thoreau, Stirner - Michel Onfray (Saggio - 2009)

"La religione è una metafisica per il popolo, ma la filosofia non deve proporsi obiettivi di questo tipo: essa deve indirizzarsi al sapere, alla ragione, all'intelligenza, e non alla fede, alla credenza, alla credulità. La filosofia vuole chiarezza, la religione alimenta l'oscurità. Ecco perché Hegel diventa il capro espiatorio di Schopenhauer".

A differenza del precedente volume in cui era il bene della collettività al centro della riflessione di Onfray, nel VI capitolo della Controstoria – dedicata a "Le radicalità esistenziali" - è l'esistenza del singolo il luogo dove ritrovare la bellezza e la felicità. E i filosofi che prende a modello insegnano l’elogio della vita vissuta nella libertà, nella possibilità di scegliere ciò che si è, senza vincoli, senza preconcetti, senza le mode imposte dalla società. Vivere la propria vita come un'opera d'arte, liberi da ogni superstizione, da ogni catena; vivere felici insomma. Ed è anche l’elogio della solitudine, della conoscenza di sé, dell’individuo, della verità.
Thoreau e il suo essere pienamente fanciullo, i suoi torrenti e laghi, il ruolo della memoria, l'avversità contro il mondo degli adulti, la battaglia tra Natura e Cultura, la sua vita sublime; Schopenhauer e il suo rapporto corrosivo con i genitori, il suo pessimismo, la sua misoginia, il suo essere scontroso e solitario, ma anche la proposta bianca dei suoi rimedi; Stirner e il suo egoismo, la sua professione di unicità, i suoi fallimenti, il suo profondo antihegelismo; sono macchine da guerra contro la banalità del gregge, esplosivi per distruggere Hegel e il suo cristianesimo mascherato da filosofia.
E in tutto questo Baudelaire e il dandismo, Feuerbach che uccide Dio, Darwin che fa nascere un uomo nuovo, sono sullo sfondo e ciascuno di loro partecipa alla preparazione del terreno che vedrà l'avvento del pensiero nietzschiano.

Ricchissimo, come sempre, di aneddoti biografici, è un consiglio, un libro di precetti per non restare nella teoria filosofica, ma per viverla in profondità. Un libro, un'opera di ricostruzione storica che, finalmente, lascia respirare!

26 ago 2013

Pulp - Charles Bukowski (Romanzo - 1994)

"Poi si alzò e usci dall'ufficio. Non avevo mai visto un culo simile in vita mia. Al di là di ogni immaginazione. Al di là di tutto. Adesso non scocciatemi. Voglio pensarci su".

Nick Belane, il protagonista dell'ultimo romanzo del grande scrittore americano, è un detective che sembra avere tutta l'aria dell'autore stesso. Depresso, grasso, perseguitato dai creditori, cupo, misantropo e ironico, si imbatte in una storia incredibile, surreale, pasticciata. In "una storia del XX secolo", come nel sottotitolo, una donna formosa e sexy, la Signora Morte, chiede all'investigatore di scovare Céline, il celebre scrittore francese. Lei, la Morte, non è sicura che sia morto... E da questo inizio irreale si dipanano storie altrettanto incredibili. Altri personaggi dai nomi evocativi chiedono altre indagini e tra celebri scrittori ultracentenari, un misterioso quanto introvabile Passero Rosso, un'aliena dal corpo bellissimo, una sexy Morte che deve rimediare a un fallimento, lentamente tutto si incastra in un gioco ancora più assurdo, con delle conclusioni altrettanto paradossali. Negli incontri con uomini pericolosi, con poliziotti corrotti, in bar fatiscenti, in librerie antiche, in ippodromi pericolosi, il protagonista insegue uomini, donne, denaro, tranquillità, ma allo stesso tempo è come se fosse inseguito da tutto questo in un vortice senza fine.
E in questo delirio, in questo caos esistenziale, non sorprende che l’ironia spesso sfoci in una cupa comicità che si sviluppa quasi senza un senso logico, imprevedibile, ma ogni cosa, alla fine, si conclude. È un’amara metafora quella raccontata da Bukowski. La vita è senza un senso, senza un obiettivo e deve essere vissuta giorno per giorno, con l'ironia quale unica arma di lotta; tanto tutti saremo destinati a morire miseramente.
Un esercizio apotropaico, un esorcismo per allontanare la morte o per avvicinarsi a essa danzandole spavaldo attorno?

23 ago 2013

Nei mari estremi - Lalla Romano (Romanzo - 1987)

"Si fece buio. Fu quella, la vera sentenza. In quel momento l'ho perduto, ho saputo che l'avevo già perduto. Di colpo il tempo si era accorciato spaventosamente; come per uno che precipita e vede avvicinarsi la terra dove si sfracellerà".

Romanzo, diario, autobiografia, storia di un amore, storia di una morte; è il racconto di come la scrittrice ha incontrato il suo futuro marito, ma anche, e soprattutto, storia di premonizioni, dell'agonia, di come Innocenzo, il marito, si è inevitabilmente spento. Il mare sterminato ed estremo della la vita che contempla la morte, incontrollabile, bellissimo e mortale allo stesso tempo, è un abisso entro cui si perde e, necessariamente, ci si perde. Ma gli istanti persistono nella memoria e il loro ricordo deve essere di preparazione alla fatale morte. La storia, i ricordi della Romano, infatti, altro non sono che il racconto di istanti, di fotogrammi che cadenzano una vita di affetti e di intimità. E quanta infinita dolcezza mischiata a sottile intelligenza... 
Le pagine sono di straordinaria struggenza. Naturalmente le riflessioni sulla malattia, sulla morte, sono su una vita spesa insieme, sull'amore. Eros e Thanatos che camminano a braccetto ci parlano a bassa voce dell'agonia degli uomini che non è solo del corpo, ma anche dello spirito.

Al testo sono aggiunti i pensieri fulminanti - riecheggianti nel titolo gli aforismi di Adorno - dei "Minima mortalia". Appunti, pensieri, note raccolte e riportate per ribadire quanto piccoli episodi, a posteriori, possano sembrare premonitori di morte.

Un libro di spazi bianchi, di silenzi, dove ogni macchia d'inchiostro, ogni singola nota sospesa, possiede la luce del racconto.

7 ago 2013

Autobiografia - John Stuart Mill (1873)


"Io sono così uno dei rarissimi in questo Paese, che abbia, non abbandonato la fede religiosa, ma che mai non l'abbia avuta: crebbi in uno stato negativo, per questo riguardo. Io consideravo le religioni moderne tal e quale come le antiche, come qualcosa che in nessun modo mi concernesse: che il popolo Inglese credesse quel ch'io non credevo non mi pareva cosa più strana, di quel che gli uomini di cui avevo letto in Erodoto avessero creduto. La storia mi aveva reso familiare la varietà delle opinioni nell'umanità; onde quel modo di vedere non era appunto che una estensione di questo fatto".

Perché Mill ha scritto un’autobiografia? Ne esistono tante, più o meno coinvolgenti, ma un filosofo placido e ricercato come Mill, cosa voleva dire? Lo dice sin dalle prime pagine: illustrare un percorso educativo da contrastare all'ordinaria educazione impartita dal sistema. Tra le righe, dunque, si legge: orgoglioso di essere tale, vi dico io come si diventa superiori. E se ascoltate i miei suggerimenti, il maggior numero di persone sarà come me, quindi migliore... Direte: un poco presuntuoso parrebbe, e invece no. Il filosofo inglese, infatti, avverte un turbamento sociale, culturale, psicologico e pensa sinceramente che guardarvi, per capire e cogliere una possibile soluzione, possa essere utile a tutti. Abbiamo un filosofo, onesto e sincero, che ha visto qualcosa, che in molti non sanno cogliere, e per amore degli altri e della verità cerca di scolpirla e definirla sulla massa d'argilla della verità. Altro che presunzione, è orgogliosa carità.
Amato da un padre coltissimo e attentissimo all'educazione dei figli, il piccolo John fu subito abituato alla lettura e allo studio delle diverse discipline sin dai primissimi anni di vita. I libri, la cultura: ecco il motivo imperante per una corretta educazione. Ma non è un cimentarsi da eruditi, fine a se stesso, incapace di essere utile; è piuttosto un raccogliere informazioni e poi elaborarle, magari circondandosi di uomini altrettanto colti per discutere e metabolizzare quanto studiato, con lo scopo di trovare soluzioni e risposte, etiche e morali, utili per la stragrande maggioranza degli uomini. A tal proposito, non mancano curiosità che riguardano anche Hume, Ricardo, Bentham. Ovviamente il tema utilitaristico è onnipresente. Allora l’autobiografia diventa una confessione e si ricordano i nomi e le figure che più hanno reso possibile la propria crescita culturale. Diventa pure un modo per riconoscere l’influenza decisiva delle letture, la rivoluzione interiore che esse possono suscitare e che sono la chiave di tutta la formazione di Mill. Tra tutte, di importanza capitale appare la lettura di Bentham e la straordinaria potenza del suo utilitarismo. Ma anche i filosofi francesi del XVIII secolo sono modelli da imitare, così come alcuni poeti inglesi della scuola romantica. 
Su tutti però la figura principe della formazione del filosofo inglese è stata il padre. Per quasi tutto questo superbo scritto, edito dall’elegantissima Casa Editrice Rocco Carabba in due volumi, emerge e non si tiene nascosta la figura di James Mill. Coltissimo storico, filosofo ed economista, appare luminoso, attento e fierissimo del figlio, sebbene sembri in alcuni momenti burbero e severo. Il figlio dunque forgiato dal e sul modello del padre. Tuttavia è innegabile che via via che il giovane John cresce, si noti l'indipendenza del suo pensiero rispetto a quello paterno. Le idee si fanno più personali, originali ed esploderanno in un pensiero che supererà per importanza il pensiero del padre. 
Anche i viaggi hanno un capitolo importante nella formazione di John. Viaggiare e quindi confrontarsi con altre culture diverse, con abitudini persino improponibili per gli inglesi, è di fondamentale importanza per la formazione personale di un uomo e di un filosofo. S’impara a cogliere la relatività delle culture, s’impara la tolleranza. E non sono scollegate a questi temi le intelligentissime riflessioni sulla religione, sul Cristianesimo in particolare, perché fondato sulla contraddizione e può essere dannatamente inutile quanto feroce.
Da queste premesse appare evidente e forte la volontà di riformare il mondo. E riformare vuol dire occuparsi di politica. L’afflato politico sarà soddisfatto quando John, ormai maturo, sarà membro della Camera dei Comuni. In Parlamento Mill sostenne scandalose proposte come l'uguaglianza delle donne, l'educazione obbligatoria e il controllo delle nascite. Un immorale radicale! 
Bellissime le pagine dedicate all’influenza straordinaria di sua moglie, donna intelligentissima che notevole ascendente ebbe sul marito, sopratutto per quanto riguarda il saggio sull'emancipazione delle donne.

Se cercate pettegolezzi o aneddoti curiosi, questa autobiografia non fa per voi. È il racconto di una vita, la vita di un filosofo che dell’intelletto ha fatto la sua ragione di vita. Tuttavia non è solo la storia autocelebrativa delle conquiste intellettuali ottenute dal filosofo, nel racconto esistono anche i momenti di crisi, di ripensamento. Traspare una mente capace di comprendere i propri limiti e al contempo incapace, per onestà intellettuale, di divagare e poi perdersi nei meandri dell'inutile...

31 lug 2013

Scuola di fotografia - AA.VV. (Saggio - 2010)

"È come dipingere un quadro, ma è molto più facile: il mondo è lì che ci aspetta per farsi catturare; la sensibilità e la creatività per l'immagine sono doti naturali che si educano semplicemente con esperimenti, esempi, esperienze".

Utile saggio per chi vuole approcciarsi alla tecnica e alla pratica della fotografia e di quella digitale in particolare. Ricco di esempi e semplice nello stile e nella forma, può essere un'ottima guida per i neofiti.

20 lug 2013

Autobiografia in do minore - Giuseppe Bonaviri (Autobiografia -2004)

"Insomma, un giro, come in tutto il mondo, sconfinato di nascite e, per me, di parenti (da cui il mio epos familiare narrativo) che non so per quale ragione teleologica, dico teleologica, o divina, nasciamo, viviamo, scompariamo. È una treccia senza fine di esistenze che si annullano in breve tempo e di cui non resterà nessuna memoria (come per tutti)".

Dopo una lunga genealogia, lo scrittore si dedica al racconto della sua giovinezza da studente, da universitario durante la guerra, alle difficoltà economiche, alla convivenza con i parenti e gli amici. E tra le righe si sentono lontane le plurali eco della Sicilia di un tempo, di un'isola dentro l'isola in particolare, Mineo. Però non si legge nessuna, o quasi, riflessione sul valore della scrittura nella sua vita. Sembra quasi che non sia stata così determinante, esempio anch'essa, di certo, di vanità. È, infatti, un libro di esercizi della memoria, uno sforzo della memoria in cui alberga sempre un germe di malinconia e accettazione di fronte alla boria della vita. I ricordi sono quasi rassegnati, alla fine, e questa è l’unica verità, tutto è destinato a morire, persino gli uomini, persino noi.
Insomma, un’autobiografia in tonalità drammatica.
Tra parole stillanti di sottile pessimismo, si possono leggere divertenti appunti e note di scrittura e si possono gustare le bellissime foto della famiglia Bonaviri scelte dall'autore stesso.

14 lug 2013

L'agonia del cristianesimo - Miguel de Unamuno (Saggio - 1924)

"Diritto e dovere non sono sentimenti religiosi cristiani ma giuridici. Il cristiano è grazia e sacrificio. E questa storia della democrazia cristiana è qualcosa come la chimica azzurra. Può essere cristianesimo quello che sostiene la tirannia come quello che appoggia la democrazia o la libertà civile? Gli è che il cristiano, in quanto cristiano, non ha nulla a che vedere con ciò".

I continui riferimenti autobiografici mostrano quanto quest’opera sia sofferta. Dal dramma interiore dell’uomo immerso nella storia, il passo verso la polemica contro il mondo e le ideologie è facile. Il conflitto, però, in queste pagine è interiore; è la contraddizione che l'uomo cristiano vive. Una tipologia di uomo che agonizza, "lotta” contro la vita stessa la quale, a differenza dell'anima, è destinata a morire. E Gesù in croce, quindi, diventa ancora una volta simbolo dell'agonia che il cristiano deve sperimentare interiormente per salvarsi. Eppure a queste domande, alla scissione e alla continua contraddizione della condizione del cristiano, non è data una risposta definitiva; troppo grande è la soluzione. E in effetti il libro è una continua sequela di paradossi, dove gli opposti si incontrano e si fondono. Nonostante tutto, leggiamo un’interpretazione del cristianesimo, le riflessioni di un mistico…
Al saggio è aggiunto uno scritto di Carlo Bo, il quale esamina, dissentendo e inquadrandolo in una situazione storica precisa, le contraddizioni fissate dallo spagnolo. 

Un libro allucinato, sofferto, mistico.

12 lug 2013

Per le mani ti prenderò - Alessandra Boccaletti, Giovanna Dodi (Biografia - 2012)

"E adesso che lo so che cosa cambia? La mia vita va avanti lo stesso come prima. E poi quell'affermazione: solo nel mio cuore. La sindrome conservata e celata con pudore. Dentro sì e fuori no. La sua difesa, la sua corazza per affrontare spavalda la vita".

Una bella e coraggiosa lezione.

10 lug 2013

Il codice dell'anima - James Hillman (Saggio - 1996)

"Le fonti razionali dell'ereditarietà e dell'ambiente non sono abbastanza ricche da far scaturire il fiume in piena dello spasimo romantico. Lì ci sei tutto intero, in nessun'altra occasione ti senti altrettanto sopraffatto dall'importanza del tuo essere e dal destino; in nessun'altra occasione ogni tuo gesto si rivela più chiaramente ispirato da un demone".

L’incredibile tesi, almeno per oggi, di quest’assurda opera di psicologia sostiene che ciascuno di noi non sia solo il risultato di processi genetici e sociali; c'è dell'altro; c'è una vocazione (sic.) connaturata in noi che ci determina, che segna il nostro destino, il nostro carattere, il nostro talento, la nostra idea innata (sic.). Noi nasciamo con un carattere preesistente, con un dono che non può avere avuto influenze ambientali. E partendo dal mito platonico di Er e poggiandosi alle favole dei neoplatonici e dei cristiani, l'autore crede che la nostra anima, la nostra ghianda, prima di insediarsi nel nostro corpo, abbia già uno scopo. E non è tutto: a quest'ultima si accompagna un daimon, un angelo, il quale ci accompagnerebbe e ci aiuterebbe a fare emergere il talento della nostra ghianda.
Per mezzo di ricchi, curiosi e spassosi aneddoti su personaggi famosi e geniali, l'autore vuole mostrare quanto fondamentale sia il ruolo del daimon nella vita dei bambini, determinando così il loro destino. Nel riportare gli esempi a favore della sua tesi, lo psicologo di formazione junghiana li interpreta divertendo il lettore per la loro stramberia e opinabilità.
Libro scritto bene, affascinante, ma dalla mia prospettiva, allucinante e senza alcun appiglio plausibile, se non nella fantasia del mito. È il frutto, come spesso accade, di chi anziché arrestarsi di fronte a un vuoto, a un abisso indeterminato e cercare spiegazioni degne di essere definite tali, si inventa nomi e assurdità che non fanno altro che mostrare quanto l'uomo sia pigro e bisognoso, a tutti i costi e senza fatica, di dare una spiegazione a tutto. Per chi la pensa come me, non mancheranno momenti di assoluta comicità.
Un libro romantico, metafisico, di una debolezza disarmante, eppure divertente e fluido.

5 lug 2013

Memorie - Voltaire (Autobiografia - 1789)

"Mentre conducevo nel mio ritiro la vita più dolce che si possa immaginare, provai il piccolo piacere filosofico di constatare che i re d'Europa non godevano di una simile tranquillità, e ne conclusi che la situazione di un privato è spesso preferibile a quella dei più grandi monarchi, come voi stessi potete giudicare".

Dopo il sereno ritiro in campagna dalla marchesa del Chatelet, e gli intriganti scambi epistolari con Federico II il Grande, Voltaire si sposta in Prussia alla corte del sovrano. Siamo negli anni della guerra di Successione austriaca e in quella dei Sette anni e queste memorie sostanzialmente raccontano il difficile rapporto, di amicizia e diffidenza, tra il filosofo e il re. Prima di iniziarlo però Voltaire dedica alcune pagine spietate al ritratto del re Federico Guglielmo, padre di Federico, uomo assai rozzo, ignorante, brutale e avido. È la tecnica del contrasto che Voltaire usa: da una parte un padre zotico e ignorante, dall'altra un figlio delicato e colto. Delicato e colto però solo nel privato. La sua politica, specialmente quella estera, infatti, secondo Voltaire ha nella spregiudicatezza e a momenti nell'intolleranza i suoi tratti caratterizzanti.
Leggiamo dunque, tra aneddoti, qualche malizia, qualche disgrazia mal sopportata ma presto dimenticata e della compagnia della nipote di cui conosciamo l'affetto verso il filosofo, un documento storico di un certo spessore. Si raccontano i turbolenti retroscena sui rapporti tra la Prussia, la Francia, l'Austria, in quegl’anni di guerre, ma anche dell’amore totalizzante per la conoscenza, per la cultura inglese, per la tranquillità e per la libertà che tanto ha segnato la vita del grande filosofo illuminista.

4 lug 2013

Moby Dick - Herman Melville (Romanzo - 1851)

"Come l'intramontabile stella polare che per tutta la notte artica di sei mesi continua a scintillare penetrante, ferma e sovrana, così ora la risolutezza di Achab scintillava perennemente sull'oscurità costante dei foschi componenti della ciurma, e tiranneggiava su di essi a tal punto che tutti i loro presagi, dubbi, presentimenti e timori si nascondevano volentieri sotto la loro anima per non farne spuntare un solo germoglio, o una foglia".

È un classico e tutti, anche chi non l'ha letto, ne conoscono la trama. Il soggetto centrale del romanzo è lo scontro tra Achab, alla guida della baleniera Pequod, e Moby Dick, una balena bianca colpevole della mutilazione di una gamba del capitano. Deciso a uccidere Moby Dick, Achab si dirige per i mari del mondo con il suo equipaggio alla ricerca disperata del nemico, fino a quando perderà la vita. 
Ci troviamo di fronte a un romanzo, dove molte pagine sono autobiografiche, che ribolle di simboli, in cui Bene, Male, Ignoto, Follia, si incontrano e si scontrano dileguandosi nel mistero della Morte. Achab, infestato fuor di misura di religione e superstizione, ostinato e solo, è l'uomo che deve vendicarsi del suo destino e Moby Dick è il suo destino, la sua morte, il suo senso della vita. Mentre si respira un acre olezzo di moralità cristiana (il romanzo è farcito da sterminate citazioni bibliche), Achab non si cura della scienza, della tecnologia per dare senso alla vita, tutt'al più attraverso esse si imbatte e combatte per scoprire la morte, il soprannaturale, la follia dell'uomo inetto, incapace di accettare la vita perennemente gravida della morte.

Romanzo che si dovrebbe leggere da adolescenti, le avventure del capitano Achab hanno di certo presa a quell'età. Io ho perso quell'occasione... Da adulti, da scafati è possibile apprezzarne la profondità, ma anche tutti i limiti. È, infatti, un romanzo verboso, colmo di capitoli descrittivi, dove è raccontata ogni minuzia. Sembra di leggere un lungo trattato sulla balena, sulle sue abitudini, sui suoi utilizzi, su come si pesca, su ogni circostanza relativa a essa, sul mare, sulle baleniere, sui marinai. Il vero racconto è solo alla fine; per leggerlo occorre tempo e pazienza.

26 giu 2013

Lettera di una sconosciuta - Stefan Zweig (Racconto - 1922)

"Allora in quella sala parto, all'Ospizio di Maternità, ho toccato con mano tutto l'orrore della miseria, ho capito che a questo mondo il povero viene sempre calpestato, sempre umiliato, è la vittima; e io non volevo, a nessun prezzo, che il tuo bambino, il tuo bambino così prezioso e bello, crescesse in basso nella feccia, nel marciume, nella volgarità della strada, nell'aria mefitica di una stanza sul cavedio".

Un affermato romanziere, la mattina del suo quarantunesimo compleanno, riceve una lunga lettera da una sconosciuta, scritta prima che questa morisse. Al chiarore delle candele, con il figlio morto in stanza, questa donna misteriosa scrive una lettera carica di passione e di morte. Qui si racconta la storia, struggente, di una vita che ha conosciuto l'amore, ma che da questo non è stata riconosciuta. La donna, infatti, sin dall'età di tredici anni si era innamorata dello scrittore, lo osservava di nascosto, notava maniacalmente ogni dettaglio dei suoi modi, si accorgeva, ma senza le follie della gelosia, che lo scrittore riceveva a casa propria molte donne. Poi il dolore della sconosciuta che è costretta a trasferirsi in un’altra città, l’amore e il desiderio che non scema, il rientro a Vienna; tre notti d’amore con lo scrittore che non riconosce la ragazza tredicenne sua dirimpettaia. In seguito di nuovo l’allontanamento, il silenzio, un bambino nato da quel rapporto che non lascia ricordo nella memoria dell’uomo e che la sconosciuta cresce da sola; il nuovo incontro, un’altra notte insieme, l’ultima, perché di mattina lo scrittore continua a non riconoscere la donna e anzi la equivoca per una prostituta. E quando muore il bambino, la lettera, la confessione di sofferenza, di sincerità, di romanticismo.

Con uno stile prezioso, lo stile di un'innamorata a tratti eccessivamente svenevole, leggiamo la storia di una vita consacrata unicamente all'amore per un uomo che nemmeno la riconosce, un amore sottomesso, estremo, disperato, assoluto, fanatico.

22 giu 2013

Il diavolo nei dettagli - Thomas Henry Huxley (Saggi - 1889)

"In tutta onestà, credo che i grandi benefici introdotti nel mondo dal cristianesimo siano stati abbondantemente superati dalla pestilenziale dottrina, diffusa da tutte le chiese, secondo cui è un'offesa morale, anzi un peccato della peggior specie, che merita la stessa punizione dell'omicidio e della rapina, non prestar fede in piena sincerità ai loro più o meno assurdi dogmi".

In questi brillanti cinque saggi sull'agnosticismo l’impossibilità di avere certezze quale limite dell'uomo e la rabbia contro chi ha la presunzione di affermare senza dubbio l'esistenza di entità che per definizione trascendono la natura sono, in sintesi, i temi fondamentali trattati. È il racconto della lotta irriducibile tra scienza e fede, dove la seconda può intervenire sulle questioni scientifiche (per via di una forza di numero), mentre la prima può essere tacciata di feroci quanto effimere critiche se solo si permette di porre dei plausibili dubbi sulle certezze assolute dei dogmi della fede. Dietro la definizione di “agnostico”, Huxley, filosofo positivista, padre stesso del termine "agnosticismo", non si nasconde dietro la passività dell'ignoranza, ma, invece, cerca all'infinito domande alle quali non è possibile dare definizione e risposte che siano ancorate alla ragione e alla scienza. Solo una volta definiti i nostri limiti, l’incompiutezza della conoscenza umana, possiamo sospendere il giudizio e Dio con i suoi miracoli casca oltre i confini della nostra conoscenza.
Huxley, infatti, si propone di vagliare le prove che i testi definiti sacri espongono a proposito di alcuni miracoli di Gesù e, con una meticolosa indagine razionale, dimostra quanto siano assurdamente inconsistenti. In questa prospettiva, ovviamente, non deve essere il non credente a dimostrare, bensì il credente a fornire delle prove convincenti al suo credo. 
Questi per punti le questioni trattate dal filosofo. Nel primo saggio Huxley sostiene quanto esigue siano le prove della morte di Gesù. E se quindi non abbiamo certezza della sua morte, non possiamo sostenere il miracolo della resurrezione. Il secondo saggio è dedicato alla confutazione di altri presunti miracoli e sul peso che può avere una testimonianza. Il terzo invece presenta una lunga dissertazione polemica sul termine "agnosticismo" come risposta agli attacchi di alcuni uomini di chiesa. Il penultimo saggio è una replica alle risposte, povere a quanto pare, del precedente scritto; mentre l'ultimo è sullo scontro insormontabile tra agnosticismo e il clericalismo.

I saggi, in sostanza, sono sul metodo basato sulla conoscenza scientifica e sull’esegesi dei Vangeli del Nuovo Testamento; sono attualissimi, freschi, dotti e, seppur non sembri, si leggono senza tante difficoltà.  

16 giu 2013

Imprecazioni d'autore - Mark Twain (Aforismi)

"Le cosiddette nazioni cristiane sono le più illuminate e progressiste... ma nonostante la loro religione, non per suo merito. La Chiesa si è opposta a ogni innovazione e scoperta da Galileo ai nostri giorni in cui l'uso dell'anestesia in occasione di una gravidanza è considerato peccaminoso perché elude la maledizione biblica pronunciata contro Eva. E ogni passo intrapreso in astronomia e geologia è stato avversato dal fanatismo e dalla superstizione. I Greci ci hanno superato per cultura artistica e architettonica 500 anni prima della nascita della religione cristiana".

Estratti dalle opere dello scrittore americano, questa raccolta di "238 aforismi rabbiosi"ci dipinge un uomo furente. Ma non è una rabbia secca, asciutta, è invece carica di umorismo irriverente e di ammiccamenti con se stesso e il lettore.
Sono denunciati tutti i grandi temi della vita: l'amore, l'uomo, Dio e da questo pessimismo profondo, da questa amarezza sconfinante nasce la rabbia, l'ira, il desiderio sfrenato di imprecare contro il mondo.

Un libretto che si legge d’un fiato, che dietro un sorriso a fior di labbra nasconde del fiele.

11 giu 2013

Storia delle crociate - Voltaire (Saggio - 1751)

"Quasi tutti gli storici riconoscono che, dopo una tale carneficina, (1099) i cristiani grondanti di sangue andarono in processione al luogo che, si dice, è il sepolcro di Gesù Cristo e si sciolsero in lacrime. È molto verosimile che dettero dimostrazione di religiosità; ma quella tenerezza che si manifestò con il pianto non è molto compatibile con quel senso di ebbrezza, di furore, di lussuria e di collera. Lo stesso uomo può essere furioso e tenero, ma non nello stesso tempo".

È bene ricordare che siamo ancora nel Settecento e la Storia, e più nel particolare la storia delle crociate, era infarcita di miracoli e leggende. Voltaire è tra gli illuministi che vuole cambiare pagina, vuole una storia di fatti. E allora cala la ragione sui racconti come una falce e la storia, finalmente, diventa razionale. È una caccia alle demistificazioni, ai prodigi, e in questa caccia la preda da mettere con le spalle al muro è quell'interpretazione cristiana e biblica che non può essere accettata da chi indossa gli occhiali dello spirito critico. L’analisi della situazione storica e geografica precedente al racconto delle crociate, ad esempio, è sintomatica di questa svolta prospettica.
Il resoconto delle crociate che fa Voltaire ha uno scopo: mostrare quanto irrazionale e ingiustificata sia la guerra. Cristianesimo e Islam, entrambe, sotto questa lente non fanno bella figura. Il fanatismo religioso non può essere tollerato e alcuni personaggi come Pietro l'Eremita, san Bernardo, perfino san Francesco, sono tacciati di pericoloso estremismo.
Il libretto è a tratti lento, scevro della verve di altri scritti voltaireiani, ma, anche se qualche inesattezza è evidente, rimane un testo significativo.

7 giu 2013

L'arte di petare - Anonimo (Saggio - 1964)

"Abbiamo carta bianca nel nostro studiolo: ci teniamo su di morale con il concerto fragoroso del peto dittongo. Ci fornisce l'ispirazione nella composizione dell'ode, e la sua musica accompagna amabilmente la recitazione enfatica dei nostri versi".

Questo spassoso e leggero libro, "ovvero il manuale del subdolo artigliere" a cura del conte de la Trompette, Medico del Cavallo di Bronzo ad uso delle persone costipate, come recita il sottotitolo, scardina uno dei tabù più duri a morire, quello della scorreggia. Con un’analisi esigente del fenomeno, senza divieti, senza vergogne e con la giusta dose di ironia leggiamo di un invito a stare bene, perché, secondo l’autore, i peti sono utili alla salute. 
Questa fenomenologia del peto, è ovvio, è irriverente e divertentissima perché il peto è considerato osceno e quindi parlarne liberamente suscita ilarità.

Ma, al di là di tutto, l’elogio del peto si può leggere come un elogio della libertà.

3 giu 2013

Il profeta dell'erotismo - Gilbert Lely (Saggio - 1983)

"Simili in questo a Cuvier il quale da un semplice frammento fossile sapeva ricostruire un completo organismo animale, il marchese de Sade, partendo dai rudimentali elementi della sua modesta algolagnia (ai quali, in ogni caso, bisogna aggiungere gli atti di cui ha potuto essere testimone) ha edificato senza l'aiuto di alcun precursore e raggiungendo di primo acchito la perfezione, un museo gigantesco della perversione sado-masochista".

Ci sono libri di cui si è sentito parlare in anni lontani e felici, libri che si ricercano spassionatamente perché incuriositi da una certa fama, però difficili da trovare; e poi, improvvisamente, riesci a stiparli tra le mensole della tua libreria. La "Vita del Marchese De Sade. Lo spirito libero di un eterno prigioniero, le sue opere, gli scandali, la trasgressione, la follia", come recita il sottotitolo, è uno di questi. Negli anni dell’università ne sentii parlare e, incuriosito, cercai di trovarlo. Vanamente però. Certo, non mi impegnai più di tanto nella ricerca, tuttavia il volume non riuscii a recuperarlo. Fino ad oggi. 
Devo dire che è un volume che i cultori dell’opera sadiana devono avere. È una miniera di informazioni biografiche (alcune inutili o quanto meno poco interessanti), di importanti e acute osservazioni sulla psicologia del marchese, che, sebbene l’odore della pedanteria, sono frutto di ricerche e studi appassionati benché accademici. È un lavoro certosino; da storico e ricercatore Lely ha consultato documenti, archivi e ha realizzato un lavoro estremamente particolareggiato. I dettagli, gli aneddoti, raccolti in quasi cinquecento fitte pagine, infatti, sono minuziosi: alberi genealogici, descrizioni di uniformi militari, analisi di documenti processuali e lettere, tappe di viaggi, amori, ecc., che, però, non possono essere letti come in un romanzo. È un libro accademico, dove Lely ha riversato su carta, senza infiocchettarlo con la retorica del racconto, tutto ciò che ha trovato a proposito della straordinaria vita e opera del marchese de Sade.
Allora la lettura si fa greve, lenta e a tratti tediosa.

29 mag 2013

Todo modo - Leonardo Sciascia (Romanzo - 1974)

"Quando si voltò per dirmi - C'è la firma, venga a vedere - ebbi un momento di vertiginoso stupore: i suoi occhiali erano una copia esatta di quelli del diavolo. Non colse, ché doveva essere visibile, il mio stupore; o finse di non coglierlo, godendoselo. Del resto, io passai subito a rintuzzare il colpo, se da parte sua c'era stato il gusto di far colpo, assumendo un'espressione che voleva dire: vecchio istrione, serba per il tuo gregge di imbecilli la trovata di questi occhiali".

Un pittore irrequieto quanto famoso, alla ricerca di serenità e meditazione, casualmente si ritira nell'Eremo di Zafir 3. Il brutto albergo, gestito da un inquietante e coltissimo don Gaetano, il giorno dopo l'arrivo del pittore senza nome e io narrante, è occupato da vescovi, politici, giornalisti, industriali per un ritiro annuale di esercizi spirituali. Poi, accertata l'ironia del pittore sulla chiesa (paragonabile alla migliore satira voltaireiana) e la vastissima cultura nelle brillanti e critiche risposte di don Gaetano sulla chiesa, quando il racconto è quasi a metà, l'imprevisto: uno sparo, un morto ammazzato, un ex senatore ucciso durante la recita del rosario. Allora si infittiscono i dialoghi serratissimi sull'uomo, sulla morale, sul delitto ovviamente, tra il pittore, don Gaetano e il procuratore Scalambri, fino a quando un altro omicidio sconvolge il torpore del panico su cui tutti gli ospiti dell'albergo si erano adagiati. Ma la soluzione non arriva, si accenna all'evidenza (citando Poe), eppure solo qualche battuta, qualche lampo di genio mai rivelato aumentano il disordine nell'indagine. Fino a quando, anche lo stesso don Gaetano è ucciso. Si intuisce che lo stesso pittore, il narratore, sia il colpevole di quest'ultimo assassinio, però...

È, come si evince dalla trama, un giallo solo a metà, che pagina dopo pagina si trasforma anche in un libello di denuncia politico. La politica infatti, la sua arroganza, in ogni modo deve riuscire a farla franca. Un libro profetico dunque; modernissimo perché rimane senza una soluzione, in cui la ragione (quella illuministica per intenderci, la ragione tanto spremuta dallo scrittore siciliano) alla fine fallisce di fronte all’insondabilità della morte. Tutti potrebbero essere colpevoli degli omicidi e non c'è un progresso verso la verità, solo un acre sentore di profondo pessimismo. Libro colto, ironico, costruito su più livelli, ambiguo, aperto, è un giallo in cui possiamo intravedere un superamento dell’Illuminismo sciasciano, in cui è lo spirito che deve essere cercato, vanamente però, con gli strumenti della ragione. Voltaire e Pascal si incontrano e si scornano e tutto si riduce a un mero esercizio spirituale più che un esercizio della ragione.

26 mag 2013

Le passioni dell'anima - Renato Cartesio (1649)


"Del resto l'animo può avere i suoi piaceri a parte, ma quelli che gli sono comuni col corpo dipendono interamente dalle passioni, di modo che gli uomini che esse agitano di più, sono capaci di meglio gustare la dolcezza di questa vita. È vero che essi possono anche trovarvi maggiore amarezza, quando non le sanno bene impiegare, e quando la fortuna è loro contraria. Ma la saggezza è principalmente utile in quanto insegna a rendersene talmente maestri, e a maneggiarle con tanta destrezza che i mali da esse causati sono sopportabilissimi, e da tutte si ricava della gioia".

Ultima opera di Cartesio, "Le passioni" è una fatica che continua e meglio definisce un lavoro che è costato tutta una vita di speculazioni. È un trattato morale composto da 212 pensieri che innanzitutto si pone una domanda che tanto, da Cartesio in poi, ha fatto scervellare i filosofi moderni: tra res cogitans e res extensa, tra due dimensioni così differenti, tra le passioni che trovano sede nell'anima e le conseguenti azioni che si esprimono per mezzo del corpo, come può esserci un contatto? Come può esserci una comunicazione istantanea tra loro che, apparentemente, sono così distanti? Siamo dunque di fronte al grande problema che il noto dualismo cartesiano ha posto e che molto ha influenzato e distratto la filosofia moderna. Nel descrivere siffatto difficile dialogo, Cartesio si fa fisiologo. Accettata la corretta teoria di Harvey sulla circolazione del sangue, il filosofo individua nel cuore la sorgente delle passioni e presuppone che parte del sangue sia un fluido sottile composto da, non ridete, ‘spiriti animali’. Questi entrano in contatto con la sostanza pensante in un luogo del cervello, la ghiandola pineale, e fluiscono lungo i canali nervosi per muovere i muscoli e le altre parti del corpo. Azione e Passione, in fondo, sono la stessa cosa. È diversa, invece, la loro espressione, la loro epifania. Ecco perché, quindi, è necessario spiegare la differenza tra anima e corpo e definire tra essi un ponte che li raccordi in un unico soggetto. Sebbene i riferimenti alla circolazione del sangue siano validi, la descrizione fisiologica del corpo umano ha un impianto galenico e non avremmo difficoltà a definirla come una coraggiosa, non c’è dubbio, opera di metafisica della fisiologia.
Naturalmente per Cartesio esistono passioni semplici e passioni composte che si formano dalle prime. Il filosofo dedica un'ampia parte alla trattazione di questo argomento. Brevi lampi di materialismo brillano qua e là nel cielo buio della metafisica, ma Cartesio (come spesso i metafisici), anziché percorrere occamianamente la strada più semplice, sceglie la tortuosità dei sentieri inutili che si perdono nella desolazione di una notte senza luna e senza stelle.
Esaurito il capitolo propedeutico e più importante, la seconda parte (l’opera è suddivisa in tre grandi capitoli) è dedicata alla spiegazione delle sei passioni fondamentali. Le definizioni di Ammirazione, Amore, Odio, Desiderio, Gioia, Tristezza sono secche, puntuali, scientifiche nella loro vivisezione alla ricerca di passioni vicine e in relazione tra loro. Qui è interessante notare quanta partecipazione scientifica ci metta Cartesio nel tentativo di dimostrare le sue tesi. 
La terza e ultima parte, invece, si concentra sulle passioni particolari come specie dei generi delle passioni primitive. È un trattato morale si scriveva poc’anzi e non mancano vecchi e ormai obsoleti giudizi morali quando Cartesio suddivide le passioni e i sentimenti in virtuose o viziose. Quanta filosofia è passata da allora…

Al di là dell'arcaica dimensione fisiologica, al lettore di oggi l'opera pubblicata dall’autorevole Casa Editrice Rocco Carabba  potrebbe apparire metafisica; una metafisica che però, poiché nella sua natura, non risolve alcun problema, ma che anzi crea nuove, affascinanti e sempre più insormontabili complicazioni.

19 mag 2013

Anale e sessuale - Lou Andreas Salomé (Saggi - 1916)


"Involontariamente ci si immagina che il senso di colpa emerga in seguito ad atti da noi ammessi, e in un primo momento ci sembra strana la spiegazione che esso affonda invece le sue radici esclusivamente in ciò che non è ammesso, e che un lato del conflitto deve essere espulso dalla coscienza perché sia consegnato a quell'assolutamente negato, disprezzato, di cui l'elemento anale forniva il paragone classico e in cui per questo non osavamo riconoscerci".

Raccolta di scritti psicoanalitici, da leggere con molta attenzione, in cui la prospettiva freudiana è molto forte, se non unica. Dall'analisi di ricordi, di immagini, di sogni la scrittrice tedesca scopre, in chiave femminile, se stessa e in generale il mondo delle donne. Approfondisce così (ma non troppo) gli studi freudiani sul carattere anale dei bambini e quelli sul narcisismo con osservazioni acute, capendo prima di altri quanto questi problemi teorici siano di importanza capitale nella storia della psicoanalisi, mentre, in quegl'anni, dai critici non erano presi in grande considerazione.

12 mag 2013

I versi aurei. I simboli, le lettere - P.S. Pitagora (VI sec. a. C.)


"Dicono altri che, rovinando in preda alle fiamme la casa dove si trovavano uniti, gli amici suoi, gettatisi nelle fiamme aprirono una via di uscita al maestro, facendo coi loro corpi come un ponte sul fuoco; e che, uscito in salvo Pitagora dall'incendio, per la tristezza dell'essere solo senza i suoi amici, si togliesse da sé medesimo la vita".

In questo volume, la prestigiosa Casa Editrice Rocco Carabba ci presenta il breviario del pensiero di un filosofo, Pitagora, probabilmente vissuto nel VI sec. a. C., di cui però non conosciamo nessuno scritto in modo diretto. Questi pubblicati, infatti, dovrebbero risalire al II sec. d. C., quando il neoplatonismo tentò di recuperare un pensiero comodo e utile per una certa visione del mondo. Preziosa quindi risulta l’introduzione di Pesenti che inquadra la figura dell'autore e dell'opera nei diversi contesti storici interessati al pensiero del filosofo di Samo.
"I versi aurei", così come i "Simboli", altro non sono che un catalogo di regole etiche che, alla fine, hanno il compito di rendere l'uomo degno di essere immortale dopo la morte. È la solita solfa, non dedicarti al piacere, al peccato (e anche mangiare fave può essere molto pericoloso), vivi la vita senza estremismi, senza sbavature, vivi la vita come se fossi un santo - e quindi non da essere umano - e avrai in premio qualcosa quando non ci sarai più. È vero però che quelle pitagoriche non sono regole che hanno un sapore vetusto, di vino andato a male; la tradizione cristiana ne ha fatto tesoro e ha esercitato prepotentemente il divieto di vivere il piacere come regola aurea che ancora oggi tenacemente sopravvive. Tuttavia, volenti o nolenti, figli nietzschiani, del relativismo e del postmoderno avvertiamo un odore stantio, di zolfo, mefistofelico. Non c’è dubbio che alcune norme sono dettate dal buon senso, ma altre sono oggi così ridicole da far sorridere. Il lettore contemporaneo, al di là della importanza storica del documento, si divertirà a confrontarle con il metro della storia, per misurare quanto, in sede morale, sia mutato e quanto invece tuttora resiste.
Il volume, inoltre, è integrato dalle "Lettere" (ad Anassimene, a Ierone, a Telauge) composte in età tarda da autori ignoti, ma firmate con il finto nome di Pitagora. Forse, però, gli scritti più interessanti sono le diverse celebri biografie sul filosofo antico. La prima è di Porfirio, la seconda è di Giamblico, mentre la terza è di un Anonimo foziano. In esse si nota tutta la nebulosa leggendaria che gravita attorno alla figura del filosofo di Samo. Sembra quasi di leggere la descrizione di un mago, di uno sciamano antico capace di miracoli e di prodigi. Le diverse biografie si completano tra loro, aggiungendo dettagli, eventi incredibili che magari sono stati tralasciati negli altri scritti sulla vita di Pitagora.
Infine il volume propone anche gli "Estratti dal commento di Ierocle ai versi aurei". Commenti primitivi se vogliamo, ma che aggiungono colore a un pensiero e a un autore ancora da scoprire.
Opera dunque di importanza capitale per la nostra storia, nella quale si può leggere l'intenzione di legare la tradizione antica con lo sforzo sincretico della filosofia cristiana, bisognosa di aiuti retorici e autorevoli.

4 mag 2013

Saggio sulla lucidità - José Saramago (Romanzo - 2004)


"Quando nasciamo, quando entriamo in questo mondo, è come se firmassimo un patto per tutta la vita, ma può accadere che un giorno dobbiamo domandarci chi l'ha firmato per me, io me lo sono chiesto e la risposta è quel foglio".

All'apertura dei seggi elettorali, un violento acquazzone blocca in casa, con il disappunto del presidente di seggio e dei rappresentanti politici, i votanti della città. Poi, senza una logica, senza una motivazione plausibile, a temporale finito, alle quattro del pomeriggio, i votanti, contemporaneamente, si riversano per le vie della città e vanno a votare. È la vittoria della democrazia, si direbbe. Ma a mezzanotte, a scrutinio concluso, il paradosso: solo il venticinque per cento degli elettori ha espresso il voto, il restante più del settanta per cento ha lasciato la scheda in bianco. Caos dunque; ma mai quando, una settimana dopo, riaperte le urne, le schede bianche aumentarono ancor di più. Incapace di capire il governo, decide allora lo stato d'assedio, ma i seguenti disordini e le difficoltà logistiche per assicurare i bisogni primari alla popolazione lo inducono, insieme alle forze dell'ordine, a spostarsi in un'altra città. La popolazione isolata (l'isolamento è tema caratterizzante dell’opera saramaghiana, come le frequenti allusioni a Platone…) trova un modo di organizzarsi e di resistere,  anche dopo un attentato terroristico organizzato dal governo stesso. Nel frattempo quest'ultimo, durante un'accesa riunione e senza spiegare perché e come, intuisce che ci sia una stretta correlazione tra la rivolta delle schede bianche e l'epidemia di cecità bianca avvenuta quattro anni prima e descritta in quello straordinario romanzo che è "Cecità". A conferma di ciò, una lettera spedita ad alcuni ministri del governo dove ritroviamo la storia raccontata nell'altro romanzo e i vecchi personaggi che tanto abbiamo amato. In particolare si riconosce quell’unica donna, rimasta vedente nella storia di quattro anni prima, come la vera artefice della congiura delle schede bianche. L'attenzione perciò si sposta sui protagonisti dell'altro romanzo e su un commissario incaricato dal governo di scoprire, a tutti i costi, la relazione tra il bianco dell'epidemia e le schede bianche delle votazioni. Poi l'assurdità che diventa palese, l'alleanza degli innocenti e il commissario, la sfida di quest'ultimo con il primo ministro, l'assassinio del commissario e della donna, la vittoria della menzogna...

È il solito Saramago dei paradossi, degli eccessi, dei limiti dell'assurdo. La democrazia è svestita di quella patina buonista cui siamo abituati che la vede come la migliore delle forme politiche possibili. Ma, immediatamente dopo, ne è rivestita per antitesi. Sotto scacco, infatti, la democrazia degenera nella dittatura, con la sua violenza e la sua oppressione, ostentando tutta l’arroganza del potere, della menzogna del potere per restare al potere. È il caos che cerca una forma e si maschera di parvenza, di illusione, di finto ordine. Eccoci quindi a confrontarci con i confini della libertà, con un ossimoro: la libertà genera sottomissione e da questa si combatte per ottenere di nuovo una nuova presunta libertà.

Seppur a tratti verboso, a tratti lento, con periodi lunghi e infinite subordinazioni ma equilibrate, resta uno straordinario libro, che ha il merito spaventoso di sospingerci alla riflessione.

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