Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

29 gen 2013

Elogio della sculacciata - Jacques Serguine (Saggio - 1973)


"Intendo dire che la sculacciata ha il privilegio magico di continuare a essere uno dei gesti dell'amore, esorcizzando quel che di violento, di ostile, di disuguale, di divergente e di aggressivo esiste, e forse esisterà sempre, nell'amore".

A parte i romantici e i sognatori, lo sappiamo tutti: non è possibile convivere sempre pacificamente in coppia. Serve ineluttabilmente trovare, se si vuole perseverare in quella strana e indefinibile cosa che è l’amore, una via d'uscita; e lo scrittore francese l’ha trovata per sé e per tutte le coppie: la sculacciata. Perché? Come? Quando? A chi? Queste le domande fondamentali che Serguine si pone e a cui, con piglio sentito, risponde. Se si vuole contrastare il disamore, persino l'odio, la sculacciata diviene un ottimo rimedio. Non è intesa dall'autore come una punizione o un atto sadico, quanto piuttosto un gioco, un piacere che investe entrambi i partner. Ma l’elogio, sin dalle prime pagine dallo stile altissimo e meraviglioso, si fa elogio del sedere femminile anche. Poi il pensiero diventa autobiografico. E l'autore racconta di Michéle, nome fittizio ovviamente, e della loro prima esperienza con la sculacciata, indimenticabile, sublime. Poi i racconti si fanno attuali e la donna protagonista è la moglie, il venerdì sera con il loro appuntamento fisso, i sapori che gustano prima, durante e dopo la sculacciata. Il saggio quindi si trasfigura in romanzo, poi in confessione, poi di nuovo in saggio e la gustosa lettura si carica di maliziosi profumi intimi.
Un libro sull'amore dunque. Perché la sculacciata, se voluta da entrambi, è sinonimo di intesa, di unione, di amore appunto.
Un lavoro che pretende di essere logico, ma che alle volte pecca di appassionato paradosso...

22 gen 2013

Homo Faber - Max Frisch (Romanzo - 1957)


"Ma soprattutto: la macchina non ha emozioni, non ha paure o speranze, che non fanno altro che disturbare, nessun desiderio riguardo al risultato, lavora secondo la logica pura della probabilità, perciò affermo: il robot la realtà riconosce meglio dell'uomo, sa più di noi sul futuro, perché lo calcola, non fa speculazioni e non sogna ma viene guidato dai propri risultati (feed back) e non può sbagliarsi; un robot non ha bisogno di presentimenti..."

Il capolavoro dello scrittore svizzero è un libro inquietante. 
Walter Faber, il protagonista, l'io narrante, è un uomo di ghiaccio, calcola gli eventi con i numeri della probabilità ed è, almeno sembra, soddisfatto del suo modo di essere. Nessun evento può scalfirlo, nessun atterraggio d'emergenza può preoccuparlo, né lo spettacolo di una notte di Luna nel deserto può meravigliarlo; ci sono la matematica e le leggi della fisica che gli infondono forza, che lo rassicurano. Il racconto - il cui sottotitolo recita "Resoconto" - rispecchia tale sistematicità, tale asciuttezza. Faber non ha alcun interesse a costruire una storia accattivante. Anticipa spesso i fatti salienti prima di svilupparli. Ogni cosa ha il suo posto, il suo peso, nella storia, nel tempo. Non c'è spazio per le emozioni, per il romanticismo. Nessun affetto, nessuna persona che possa soddisfarlo. Faber è un uomo solo, come tutti gli uomini del resto, ma ne è consapevole... E allora l'atarassia è colta, posseduta. Eppure, nel bel mezzo dell'oceano, colpito dalla coda di cavallo di una ragazza, si lascia ammaliare, si lascia scalfire. Si affascina però di Sabeth, sua figlia. Una figlia di cui ignorava l'esistenza, di cui ancora non sa nulla. Si innamora in modo rassegnato comunque, come un anziano che non vuole stare da solo. Poi padre e figlia, innamorato e giovane donna si ritrovano a Parigi. Decidono di viaggiare nella Francia meridionale, lungo l'Italia. Un viaggio in Grecia, il morso di un serpente; la ragazza in ospedale; l'incontro con Hanna, la mamma di Sabeth e grande amore di Faber; la morte della figlia-amante. Tutto si sgretola, si sfalda nella miseria di una vita pensata e organizzata come un matematico con i suoi numeri. L’imprevedibile, l'amore, la morte sbriciolano Faber che si lascia andare ai ricordi, alle emozioni, agli eventi e, nonostante un cancro allo stomaco, i suoi ultimi viaggi, fino allora sinonimo di fuga, sono motivo di felicità.
Ci troviamo di fronte a un romanzo che denuncia la prospettiva tecnica della vita; un romanzo contro il razionalismo, contro l'essere "faber", tecnicizzato appunto. È una visione che non pensa alla morte se non in termini economici. Il protagonista è un uomo che ha paura della paura, delle emozioni, della loro imprevedibilità. Però la morte, imprevedibile nella sua prevedibilità, arriverà nella vita di Faber, quando troverà l’amico suicida, quando morrà la figlia, quando su un letto d’ospedale si sentirà lui stesso incinto di essa.
Un libro, dunque, sull'eterno conflitto tra ragione e ragione delle emozioni. Un libro, come si scriveva prima, inquietante.

8 gen 2013

Classifica: i più belli e i più deludenti del 2012


Che dire del duemiladodici? Un anno per certi aspetti rivoluzionario, irreversibile, di frattura, nel bene e nel male di lacrime; un anno che lascia sospesi giudizi sul passato e sul futuro; un anno di baratti, tra sicurezze e felicità... 
È stato anche un anno di libri, e della piacevolissima scoperta della “Cultura dell’anima”. Pochi però i volumi sfogliati, gustati, su cui ho perso identità per poi conquistarne delle altre. Solamente 47 libri letti (di tre ancora non pubblico i miei appunti), alcuni di essi preziosi, altri un po’ meno. Ecco, come tradizione ormai, i cinque titoli più esaltanti e quelli più deludenti dell’anno appena trascorso.



Come sempre Bufalino e Onfray sono stati compagni fedeli nel mio cammino di lettore rapsodico. Tuttavia, nel 2012, i volumi su Kubrick, le storie di Rigoni Stern e diversi racconti erotici non sono state cattive compagnie.

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