Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 apr 2013

Un diavolo alla finestra - Voltaire (Dialoghi - 1760 circa)


"Ahimè! Mio stupido figlio, sono stato poco fa sul punto di morire dal ridere e sento che ora mi farete morire d'indignazione e di dolore. Se i disgraziati di cui mi parlate seducono il figlio d'Epitteto, potranno sedurne molti altri. Prevedo dei mali spaventosi sulla terra".

Libro, dissacrante e carico di passione, è caratterizzato da quella galvanizzazione intelligente tipica di un deista accanito come il filosofo parigino. Ma è anche un libro in cui si può leggere delle assurdità pensate da Cartesio, da Rousseau, da Leibnitz. Personaggi saccenti, al limite del ridicolo, infatti, professano le loro idee e immancabilmente sono presi in giro da semplici personaggi - come, ad esempio, un selvaggio, un cappone e una pollastra -, ma di buon senso e sottilmente irriverenti e sagaci.
Ogni pagina è condita da zuccherosissimi momenti di ilarità e non è soltanto il cristianesimo (i gesuiti in particolare) a uscirne con le ossa rotte; sono, in pratica, tutte le fanatiche religioni, musulmane, ebraiche, indiane, a riempirsi di lividi. Così come a non passarsela molto meglio sono alcune abitudini, alimentari e politiche su tutte, ridicole e insensate, che fanno parte della nostra quotidianità.
È, in breve, una raccolta di scritti illuminanti, in cui tutte le categorie dell'Illuminismo, progresso, ottimismo, crescita culturale, relativismo, sono presenti e prevalenti. È, senza sorprese, lo spirito di Voltaire. 
Dalle sue parole, dalle veloci pagine che il magistrale e diabolico Voltaire, spettatore affacciato a una finestra, divertito e al contempo inorridito, possiamo respirare il clima settario che si viveva in quel secolo che lentamente scopriva la luce e che il filosofo ha vissuto e ha contrastato con arguzia, ironia e il buon senso della ragione.

23 apr 2013

La mia autobiografia - Charles Spencer Chaplin (Autobiografia - 1964)


"Il mio era un personaggio originale e poco familiare agli americani; poco familiare persino a me. Ma una volta nei suoi panni io m'immedesimavo in esso, per me era una realtà e un essere vivente. Anzi m'infiammava di idee folli di tutti i generi, che non avrei mai avuto se non mi fossi messo il suo costume e la sua truccatura".

Più di cinquecento pagine, densissime e appassionate, che si leggono come un romanzo. È, se vogliamo, un'opera letteraria; è un romanzo di ricordi. Ricordi di un'infanzia di miseria e di difficoltà, di una madre affettuosa e premurosa, della profonda tristezza vissuta in quegli anni; sembra di leggere alcune pagine di Dickens. Nel racconto si rivive l'amore per il fratello Sydney, i primi felici passi da attore di teatro fino alla svolta rivoluzionaria: il viaggio negli Stati Uniti. Poi il passaggio dal teatro al cinema, il successo, il denaro, le donne, il lavoro, gli incontri straordinari con uomini e donne straordinari in pagine ricchissime di chicche e superbi aggettivi. Pochissime, invece, le parole dedicate al rapporto del padre Chaplin con i suoi numerosissimi figli. Si ha l'impressione che il racconto sia centrato sulle difficoltà più che sulle felicità, ma con semplicità, con leggerezza, con la delicatezza di chi quelle difficoltà le ha vissute fino alle ossa e poi le ha sapute affrontare e sconfiggere.
Purtroppo il racconto si ferma al 1954, poco dopo l'uscita del film "Luci della ribalta" e del suo rientro definitivo in Inghilterra in seguito alle polemiche politiche negli U.S.A. Peccato! Sarebbe stato bello leggere delle emozioni, delle sensazioni, delle riflessioni di Chaplin quando rientrò negli Stati Uniti per ritirare il suo unico Oscar...
Ogni tanto Chaplin si lancia in brevi e fulminanti divagazioni filosofiche. Sono piccoli lampi di filosofia spicciola, alle volte non definibili abissali, tuttavia sempre meritevoli di fare riflettere.
Un’incantevole autobiografia!

3 apr 2013

La confessione - Lev Nicolaevic Tolstoj (Autobiografia - 1882)


"Ma poi di nuovo, dopo aver riconosciuto l'esistenza di Dio, tornavo all'analisi davanti il Dio ben noto, nostro creatore, l'unico Dio in tre persone distinte, che ci ha inviato suo figlio, il redentore. E di nuovo quel Dio, così remoto dal mondo e da me stesso, si fondeva sotto i miei occhi come un blocco di ghiaccio al sole, e di nuovo non mi restava più nulla tra le mani, e si disseccavano le fonti della vita, ricadevo nella disperazione e sentivo che non mi restava altro che uccidermi. E per giunta - la qual cosa era la peggiore di tutte - sentivo di non poter neppure uccidermi".

In questa meravigliosa confessione - un’opera esistenziale a tutti gli effetti - leggiamo il racconto profondissimo e assolutamente penetrante di una rivoluzione interiore, di una conversione religiosa. Il giovane Tolstoj, infatti, persa la fede impartitagli sin da bambino, in un cammino disperato, angoscioso, alla fine trova Dio. 
Libertino, orgoglioso, abbandonato alla crapula e ai delitti, beato in una condizione di esaltazione morale, ben presto il giovane Tolstoj coglie, in verità non spiega in cosa consista, un'essenza di marcio in quella vita di eccessi. Sente dentro di sé un bisogno estremo di risposte alle innumerevoli domande che l'esistenza gli pone. Tolstoj non può ammettere che l'esistenza non abbia un senso; deve esserci necessariamente (anche se non spiega perché debba esserci necessariamente) qualcosa che spieghi il perché della vita e della morte. E in questa ricerca di significato, in questa lotta disperata, che con l'avanzare degli anni lo corrodono fino al midollo, fino a portarlo quasi al suicidio, trova Dio. Un Dio, dunque, che nasce non dalla ragione, quanto dal bisogno di avere una pace duratura. Prima di Dio, infatti, trova nella scienza, nella fede in essa, un appiglio. Ma questo è un sostegno effimero, illusorio, incapace di dare risposte durature e consolatorie. Capisce che non è la ragione a dare un valore all’esistenza, ma è la fede, la rinuncia alla ragione che può dare un senso. Ed è in questa consolazione, in questa fede irrazionale e paradossale che l'umanità trova un significato, una possibilità dell'esistenza (quanto Kierkegaard in queste pagine…).
Ma Tolstoj non si ferma solo accettando una fede verso qualcosa di superiore. Brama di cogliere anche la Fede con la maiuscola. Stanco delle dottrine contraddittorie delle diverse fedi cristiane, la trova nella religiosità degli umili, in chi sopporta le privazioni e le sofferenze, vedendo in esse il bene (sic.). Ecco trovata la via, il sentiero strettissimo, soprattutto per i dotti, della rinuncia, dell’autoannullamento a beneficio degli altri; ecco il senso della vita.

Libro straordinario, intimo fino a dentro le ossa, che, seppur partorisca un feto morto, un fantasma impalpabile, molti dovrebbero leggere, soprattutto molti uomini di fede…

2 apr 2013

Le notti d'ottobre - Gérard de Nerval (Racconto - 1852)


"Se tutti questi dettagli non fossero esatti, e se non cercassi qui di fare un dagherrotipo della verità, quante risorse romanzesche mi fornirebbero queste due storie d'infelicità e di abbruttimento! Ai ricchi manca il coraggio necessario a penetrare in simili luoghi, in questo vestibolo del purgatorio dove forse sarebbe facile salvare qualche anima..."

Parigi, almeno nella prima parte del racconto, è la protagonista assoluta di questa storia. Il narratore e protagonista, infatti, mancata una partenza fuori città, si abbandona per le vie della capitale francese in compagnia di un amico poeta. È notte e, alla ricerca di un posto dove cenare, sotto la luna, si perdono tra nomi di vie e locali del centro della città e tra discussioni vane e insignificanti. E mentre la notte avanza, mentre conosce prostitute, ubriaconi e venditori abusivi, il protagonista sprofonda negli inferi (e in questo frangente sono numerose le citazioni faustiane e dantesche). Solo alle prime luci del mattino riuscirà a lasciare la città per inoltrarsi nella provincia parigina per altre due notti.
Alcune pagine sono molto belle, molto ricche di citazioni. Il racconto è costellato di minuzie e a ciascuna di esse dedica dei brevi quanto intensi capitoli. Sembrerebbe la vittoria del realismo. Eppure questo oggettivismo, che si perde in dettagli e frammenti assolutamente irrilevanti, si dissolve quando il narratore ricorda o descrive sogni fantastici, allucinati, stravaganti. Realismo insolito e bizzarro se, nel descrivere un sogno, l'autore cita Poe...
Interessanti e moderne, spesso anche ironiche, le riflessioni sul romanzo, sulla sua natura, sul realismo, sulla curiosità del lettore-Nerval che vorrebbe conoscere ogni dettaglio della giornata del protagonista, ma che poi si perde in visioni oniriche e allucinate.

1 apr 2013

Il Tao della fisica - Fritjof Capra (Saggio - 1975)


"Nella concezione orientale, quindi, come in quella della fisica moderna, ogni cosa dell'universo è connessa a ogni altra cosa e nessuna sua parte è fondamentale. Le proprietà di una parte qualsiasi non sono determinate da qualche legge fondamentale, ma dalle proprietà di tutte le altre parti".

La tesi essenziale del libro è che la fisica dei quanti e la fisica della relatività siano sostanzialmente legate alle filosofie buddhiste, induiste e taoiste, in un incontro olistico tra cultura orientale e occidentale. Se, infatti, le prime stanno descrivendo una realtà indeterminata, in cui ogni particella, ogni elemento, ogni pacchetto quantico è solo una parte che per essere descritta ha bisogno di tutto il resto, le seconde descrivono l’universo come un unico grande organismo in cui ogni cosa, uomo compreso, è parte del tutto. Siamo di fronte al vecchio confronto tra una visione meccanicistica (ormai abbandonata da quasi un secolo in verità) contro una visione organicistica (che non è solo idea antica e orientale). E, ovviamente, Capra depone a favore di quest'ultima. Una tesi dunque che prevede la sintesi di un dualismo ben preciso, mistico e scientifico, che però, forse, è già in origine un monismo... La fisica, che non può essere occidentale o orientale, e che è unica, deve fare a meno di concetti astratti e indefiniti. Eppure termini come misticismo, cuore, coscienza, meditazione, spirito, materia, religione, usati abbondantemente dal fisico americano, non hanno una definizione filosofica univoca e soprattutto distinta. Grazie alla fisica moderna, alle sue rivoluzionarie scoperte, il mondo sta cambiando, la vita sta cambiando, il linguaggio sta cambiando. Il bisogno di misticismo, di religiosità che deve per forza impregnare ogni scoperta è solo condizionato dai tempi e dalle mode. Resta comunque il fatto che tra la nuova visione della fisica moderna e le filosofie religiose orientali esisterebbe qualche elemento di contatto.
È curioso notare, però, come la fisica classica e quella moderna si siano sviluppate nel seno della filosofia occidentale (rallentata, la fisica, solo nelle epoche in cui santi e mistici avevano il dominio intellettuale…), mentre ciò non è avvenuto tra i veli della filosofia mistica orientale.

Libro di opportunità che dà il pretesto, riflettendo e insistendo molto sulla difficoltà del linguaggio quotidiano a esprimere la realtà, per trattare di filosofia, di scienza, di religione. Le osservazioni di Capra, le descrizioni di storia della scienza, della fisica classica e moderna, della storia della filosofia occidentale e orientale, infatti, anche se non sempre sono condivisibili, sono di stimolo e aiutano a generalizzare concetti e argomenti di certo non facili e banali. Un saggio in cui la fisica diventa poesia, scritto con uno stile semplice e quindi non difficile da seguire, anche se, via via che i capitoli scorrono, gli argomenti divengono sempre più complessi e difficili da afferrare.

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