Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

1 giu 2015

Sommario di decomposizione - Emil Mihai Cioran (Saggio - 1949)

"L'essere davvero solo non è quello abbandonato dagli uomini, bensì quello che soffre in mezzo a loro, che si porta dietro il suo deserto nelle fiere e sfoggia i suoi talenti di lebbroso sorridente, di commediante dell'irreparabile. I grandi solitari di una volta erano felici, non conoscevano la duplicità, non avevano nulla da nascondere: si intrattenevano soltanto con la propria solitudine..."

Libro travolgente, forse il più bello, quest’altro capolavoro di Cioran è un inno alla pace: alla rassegnazione. Stato da ricercare in modo totalmente differente rispetto a quanto finora quotidianamente e inautenticamente si fa, attraverso il dubbio e la negazione. In effetti, più leggo questo genio della sofferenza e della solitudine e più mi accorgo che il suo pensiero non sia originalissimo (ma a parte i greci chi può esserlo?), eppure le sue parole, il suo nichilismo, il suo spessore nascono dal supplizio, dagli abissi più profondi che un uomo possa provare: dal pensiero che nasce dall'inquietudine di trovarsi da solo di fronte al Nulla. Cioran ha vissuto ciò che scrive, ha bevuto fino all'ultima goccia la verità della realtà, della tristezza e del tormento. E il suo sentire esplode in autentica poesia filosofica, il suo pensiero ha provato la decomposizione, la putrefazione, ha toccato i suoi vermi con le dita. Allora tutto diventa chiaro nel paradosso: abbiamo solo il nostro lutto, la morte a consolarci. Ogni cosa si riduce a vanto, a vanità, l'uomo così diventa un essere infido, da tenere lontano, da emarginare. Il disincanto dovrebbe essere il futuro, l'uomo non merita di essere che spettro e insieme carogna. La soluzione pertanto si trova nella solitudine, nella sua pienezza, nella grevità del silenzio. Diogene è il modello, il cane; altro che la religione nata dalla croce! Tutto si riduce alla negazione dell'esistenza. Il pensiero della possibilità del suicidio si fa idea di salvezza, di stimolo per la vita. È in questa ottica che il nuovo installatore di dubbi elogia la malattia, l'apatia, l’inazione, l’indifferenza; gli strumenti che permettono di cogliere il vero, l'illusione, gli strumenti vitali e di resistenza nell'attesa del Nulla.
Contro i profeti, contro chi crede che la verità sia unica (la loro), è un libro di accuse, che nasconde però un certo tono da predicatore. Ma l'alternativa sarebbe stato il silenzio... Controcorrente, scettico, disincantato, notturno, distruttivo, il pensiero di questo figlio nietzschiano si scaglia contro ogni fanatismo, contro ogni volontà di vanità. L'umanità quindi, vanesia e invasata, è dipinta come bestialità; insostenibile. 
Cioran è un distruttore di certezze, un nuovo maestro del sospetto che analizzando se stesso rischia di essere un Montaigne contemporaneo. Ha scritto poemi in prosa lucidissimi, dove analisi e furia, oggettività e confessione si mescolano e l'universo si dispiega. Un vangelo prezioso, uno di quei libri da recitare a memoria davanti a uno specchio, da respirare lentamente, pagina dopo pagina, da inalare in ogni bacillo e contagiarsi della putrefazione che emana. E in questa devastante bellezza, è interessante notare quanto splendore ci sia nelle parole scritte di chi soffre, di chi vive in profondità la vertigine della tristezza. Quanta potenza nelle parole, nei sensi; anche se mitigate dall'ironia, Cioran sfiora e alle volte sfora le vette più alte della prepotenza.

Un pensiero difficilissimo da capire, perché difficilissimo da sopportare, come quando si fa carico del peso di tutto l'universo e allo stesso tempo si ha dolore alle spalle.

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