Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 nov 2015

Lacrime e santi - Emil Mihai Cioran (Saggio - 1937)

"Al giudizio finale verranno pesate soltanto le lacrime".

"Quando, dopo aver inghiottito il mondo, restiamo soli, fieri della nostra impresa, Dio, rivale del Niente, ci appare come un'ultima tentazione".

"Quando ripenso alle mie notti, a tante solitudini e a tanti supplizi in quelle solitudini, desidero di andar via, di abbandonare i sentieri battuti. Ma dove andare? Vi sono fuori di noi abissi non meno profondi di quelli dell'anima".

In questo sofferto libretto di aforismi, il giovane Cioran si interroga sulla teoretica delle lacrime e sull'idea mistica e di sofferenza che sta dietro la santità. Incuriosito dal delirio dei santi, dalla loro furia e dai loro cieli di temporali, ne esalta il viaggio. Avrebbero il merito, secondo il filosofo, di sapere e quindi di spingersi fino a Dio. Le lacrime che hanno versato diventano un metro di giudizio: più un uomo - o un santo - ha lacrimato (non necessariamente lacrime reali, esteriori) più è vero, più ha colto il senso del tutto e quindi del nulla. Le disperazioni, quindi, sarebbero la verità... E poi ci sono gli aforismi sulla musica, su quella di Bach in particolare, l'unico strumento scientifico in grado di congiungerci al pianto e di conseguenza alla verità.
Sebbene il dubbio e l'ironia del Cioran maturo siano quasi del tutto assenti, in quest'opera, però, le sue osservazioni e le sue manie sono onnipresenti. È un suo libro, non c'è dubbio: dolore, desolazione, rassegnazione sono tra i suoi temi principali, ma quanto è distante per i toni, la maturità e gli argomenti dalle altre opere piene del dolore dell'insonnia e del suo personale essere nella solitudine della notte. Ancora troppo vicino ai mistici, ancora lontano dalla filosofia...

25 nov 2015

I Guermantes - Marcel Proust (Romanzo - 1920/21)

"Come ai tempi lontani in cui i suoi genitori le avevano scelto uno sposo, ora i suoi lineamenti erano delicatamente segnati dalla purezza e dalla sottomissione, le guance illuminate da una casta speranza, d'un sogno di felicità, addirittura da un'innocente gaiezza che gli anni avevano a poco poco distrutto. La vita ritirandosi trascinava via le delusioni della vita. Un sorriso sembrava posato sulle labbra della nonna. La morte, come uno scultore del Medio Evo, l'aveva adagiata sul suo letto con l'aspetto di una ragazza".

Dal primo volume sappiamo che da Combray si dipanano due diversi sentieri, due pianeti misteriosi e ammalianti su cui il bambino protagonista fantastica: la parte di Méséglise e quella di Guermantes. Se il primo mondo è quello della borghesia e dell'infanzia, di Swann, Odette e Gilbert, il secondo è quello della maturità e della superficiale aristocrazia. Sovrana assoluta di questo universo è Madame de Guermantes, donna tanto sognata e immaginata dal giovane narratore che si materializza in tutta la sua leggerezza nelle due parti in cui è diviso il terzo capitolo della Recherche.
Il recupero nella memoria dei ricordi legati ai Guermantes si ha quando il giovane, con la sua famiglia, si trasferisce in un loro appartamento. Appena dopo, per la seconda volta, il giovane rivede la Berma al teatro e, senza però quel trasporto e quell'ansia della prima volta, riesce a cogliere il genio dell'attrice. Ma non è lei il centro della sua ammirazione quella sera; rimane folgorato dalla bellezza della principessa di Sassonia, amica di Madame de Guermantes; e, in qualche modo, se ne innamora. Dopo diversi tentativi per farsi notare, decide quindi di andare a trovare Saint-Loup, nipote di Madame de Guermantes, nella caserma dove presta il servizio militare. Qui, tra arte militare, manovre da organizzare e piacevoli conversazioni con ufficiali, si discuterà, ma solo per accenni, dell'affare Dreyfus, e anche e soprattutto il giovane cercherà un pretesto per vedere il suo nuovo oggetto d'amore e frequentare assiduamente casa Guermantes. Tornato a Parigi, descritto un mondo di incontri snob nel salotto di Madame de Villeparisis, passate alcune giornate con un Saint-Loup nervoso e geloso per Rachel (la sua donna da un passato e un presente non certi lindi), divenuto amico di Oriane (Madame di Guermantes), il protagonista si trova su uno sfondo di aristocratica superficialità dove si susseguiranno valzer di incontri altolocati.
Sebbene siano pagine lente, invero abbastanza noiose, pennellano una classe sociale dal profumo di antico e di curioso.
Dopo il lungo racconto di mille e asfissianti pettegolezzi, di incontri patetici e apparentemente insignificanti, le pagine però si colorano di nero, il nero dell'agonia e del lutto. Il giovane, di rientro a casa da un incontro da Madame de Guermantes, trova la nonna sofferente. Deciderà di portarla agli Champs-Élysées, ma è qui che avrà un attacco di cuore e da lì a poco morirà. È questo il momento in cui esplode la bravura di Proust nel descrivere il dolore per il lutto.
Chiuso il capitolo dedicato alla nonna, riappare fugacemente Albertine. Un'Albertine diversa da quella superficiale di Balbec, più posata, più istruita, più arguta. È inevitabile: il protagonista ci ricasca e ricomincia a sentire qualcosa per lei. Ma Albertine sparisce e il racconto ritorna agli incontri melliflui con l'aristocrazia parigina. Le pagine si tingono di fantasticherie e di sogni ad occhi aperti che il narratore immagina, deliziandoci con le sue intermittenze del cuore a rivedere luoghi e visi già conosciuti nei volumi precedenti.
Nel finale, tra principesse, duchesse e viscontesse monotone e fastidiose, spicca in quanto a stranezza del personaggio l'incontro tra il protagonista e il barone M. de Charlus. Da segnalare anche le ultime pagine con l'episodio delle scarpe rosse sotto un vestito nero di Oriane, quando, dopo l'annuncio della malattia di Swann e della sua imminente morte, i coniugi Guermantes mostrano tutta la loro superficialità e insensibilità.

Capitolo dell'aristocrazia e delle affettate quanto ipocrite discussioni tra insensibili personaggi, seguiamo il giovane protagonista nella sua crescita che si scioglie, attraverso l'impellente necessità di distrazione, nell'elaborazione del dolore verso la perdita di un amore e verso il dolore del lutto. 

8 nov 2015

I ragazzi terribili - Jean Cocteau (Romanzo - 1929)

"Le sue lacrime non erano più quelle che versava sull'amicizia distrutta, e non rassomigliavano alle lacrime di Agathe. Si formavano tra le ciglia, si ingrossavano, traboccavano e scendevano a lunghi intervalli, raggiungendo dopo una deviazione la bocca socchiusa, dove si arrestavano e da dove ripartivano come se fossero nuove lacrime".

Tutto inizia durante una battaglia di neve nel cortile della scuola. Dargelos colpisce e stordisce Paul con una palla di neve, ragazzo infatuato della sua bellezza e intraprendenza. Gerard, compagno di scuola e amico di quest'ultimo, lo accompagna a casa dalla sorella Elisabeth. I tre ragazzi sono inseparabili nella loro camera di gioco e di sogno e, dopo la morte della madre dei fratelli, decidono di fare un viaggio. Il treno, l'albergo, il mare, i negozi, diventano luoghi di gioco, di smorfie, di litigi infantili. Poi di nuovo la camera, questo palcoscenico dove gli attori recitano una parte senza saperlo, dove le zuffe continuano senza sosta. Ed è solo lì, nel disordine della loro stanza, di notte, che i ragazzi possono essere veri. Quando non stanno insieme, quando non vivono in quella camera-teatro, di giorno, i tre sono relitti in balia di placide onde. Quando Elisabeth conosce Agathe la conduce nella camera, sicura di fare un torto al fratello. Agathe, però, che somiglia a Dargelos, è accettata da Paul e si aggiunge al gruppo, alla compagna di attori. Il gruppo cresce, come crescono i ragazzi, si definiscono i ruoli, mentre le lotte in quella camera assumono le vesti della normalità e della loro essenza di desiderio misto a gelosia. Persino quando Elisabeth conosce e si sposa con Michael, tutto, velocemente, si risolve con la morte di quest'ultimo a seguito di un incidente stradale. I quattro sono ancora uniti e si trasferiscono nella casa ereditata da Michael. Qui Agathe e Paul capiscono di amarsi. Ma non fanno in tempo a dichiararsi... Inizia il dramma. Elisabeth, gelosa del fratello, come un ragno che tesse la sua tela attira machiavellicamente le sue prede e, intrecciando bugie su bugie, porterà a far sposare Gerard con Agathe, e il fratello alla disperazione e alla malattia. Poi la tragedia: Paul, affranto, si avvelena e un attimo prima di morire scopre la verità da Agathe e dalla stessa sorella. Ha solo il tempo di vedere Elisabeth uccidersi con una rivoltella.

Più che a un romanzo siamo di fronte a una tragedia greca in cui i conflitti che vi stanno alla base sono i conflitti stessi della società. Infanzia, sogno, desiderio, gioco sono i temi di fondo su cui il pathos si costruisce fino alla sciagura. Si legge quasi d'un fiato; con uno stile teatrale c'è poco spazio per la riflessione pacata e attuale, ogni cosa si svolge velocemente ed emergono solo questi ragazzi nella loro terribile, incontrollata nudità.

3 nov 2015

La menzogna del cinema - Giuseppe Tornatore (Saggio - 2011)

"Ma in tutta questa Babele di adulterazioni e imposture interpretative che il mondo impone e sempre di più imporrà al film, resta fortunatamente nascosto, magari frantumato nelle mille tessere di un mosaico che nessuno vorrà mai comporre, il sentimento dell'antica idea che aveva innescato in origine la genesi del film”. 

In questo breve scritto, introdotto gustosamente da Gianni Canova, è riportato il discorso che il grande regista siciliano ha tenuto allo IULM di Milano durante la consegna della laurea honoris causa in Televisione, cinema e new media nel 2009. Qui Tornatore spiega l'insuperabile, e finora proficua, difficoltà di definire l'essenza del cinema. La sua riflessione si concentra dunque sull'imprevedibilità della produzione artistica, sulla sua autonomia. Perché dopo che l'idea per il film si manifesta, una volta che questa idea è incubata e sviluppata nella testa del regista, una volta che prende forma nella scrittura (che non è fatta solo di parole letterarie), il film è perennemente riscritto. In tutte le sue fasi. Nemmeno quando è ormai opera del pubblico l'opera è definitivamente compiuta. Non è, infatti, un caso che il sottotitolo del saggio sia "Il film, una riscrittura senza fine".
Di Tornatore amo la bellezza e le emozioni che suscita nei suoi film, la capacità raffinatissima di fondere immagini, musica, narrazione tanto quanto intelligenza, sentimento, realtà e fantasia, e in questo scritto apprezzo anche la sua modestia e onestà intellettuale.

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