Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

30 giu 2016

Sodoma e Gomorra - Marcel Proust (Romanzo - 1921/22)

"Non avevo più alcun dubbio circa il suo vizio. La luce del sole che stava per sorgere, modificando le cose intorno a me, mi fece prendere, come se mi spostasse un istante in rapporto ad essa, ancora più crudelmente coscienza della mia sofferenza. Non avevo mai visto un mattino con un inizio così bello e così doloroso. E pensando a tutti i paesaggi indifferenti che fra poco si sarebbero illuminati e che, ancora il giorno prima, mi avrebbero riempito soltanto del desiderio di visitarli, non potei trattenere un singhiozzo, quando in un gesto d'offertorio, meccanicamente compiuto e che mi parve simbolizzare il sanguinante sacrificio che avrei dovuto fare di ogni mia gioia, ogni mattino, fino alla fine della mia vita, rinnovamento solennemente celebrato ad ogni aurora del mio dolore quotidiano e del sangue della mia piaga, l'uovo d'oro del sole, espulso dal rompersi dell'equilibrio che un cambiamento di densità avrebbe recato al momento della coagulazione, orlato di fiamme come nei quadri, squarciò di colpo le tende dietro le quali da qualche istante lo sentivo fremere, pronto a entrare in scena, a slanciarsi, e di cui cancellò, sotto fiotti di luce, la porpora misteriosa e coagulata. Mi sentii io stesso piangere".


Dopo una lunga pausa, ritorno a riflettere sulle parole di Proust, e inevitabilmente mi trovo di fronte alle squisite descrizioni dei mille animi dell'uomo, scandagliato nella sua essenza, in tutto il suo spettro che va dal superficiale e insensibile al profondo e delicato. 
L'ultimo volume pubblicato in vita - il quarto della Recherche -, con la bellissima analogia tra gli insetti e i fiori, si apre con la scoperta da parte del narratore della relazione omosessuale tra M. de Charlus e il gilettiere Jupien. Poi il segreto che viene interiorizzato (ma sempre vivo e onnipresente in tutto il volume quando osserva i movimenti del barone) e il successivo incontro mondano in casa Guermantes tra pettegolezzi, civetterie, invidie, gelosie, superficialità. Qui, mentre leggiamo con un pizzico di malinconia il ricordo dell'ultima apparizione pubblica di Swann, come in una galleria di ritratti vediamo tratteggiare i segni caratteriali dei vari personaggi che il narratore incontra. Sono pagine lente che si trascinano senza ritmo, nelle quali sono quasi assenti i guizzi stilistici, sublimi e raffinatissimi, tipici dello stile proustiano. È il mondo dell'apparenza, dove ciò che conta è il superfluo, il pettegolezzo. Non c'è spazio per la profondità, ogni cosa è serva del vano e della parvenza. I vari personaggi che circondano il narratore non sono che vanagloriosi scevri di ogni consapevolezza; pensano solo a ben figurare, ben vestirsi, sorridere e dietro denigrare; ecco le regole per stare dalla parte di Guermantes.
Finita la festa, quella fiera di vanità, il racconto si tinge del colore della gelosia. Il narratore, infatti, che avrebbe avuto un appuntamento con la sua Albertine, non riesce a incontrarla. La sente nel cuore della notte, al telefono, e subito dopo la vede, giocando con la rabbia e la gelosia il gioco dell'amore non limpido, il gioco delle menzogne, il cui olezzo nauseabondo si percepisce tra le parole di lei. Eppure, si sa, si fa di tutto per tapparsi il naso... E allora le pagine si illuminano di sofferenza.
Poi la partenza per la normanna Balbec, il luogo delle intermittenze del cuore, il luogo dei ricordi improvvisi della nonna, del sogno della nonna morta che aspetta una visita del nipote al cimitero; pagine meravigliosamente struggenti. A Balbec, d'estate, il narratore recupera e capisce il dolore della morte della sua amatissima nonna. Il dolce e allo stesso tempo affranto ricordo di quest'ultima, però, lo condurrà, tra un incontro aristocratico e un altro, ad abbandonarsi totalmente ad Albertine. La storia d'amore quindi esplode, diventa sublime, anche se colma di dubbi e di incertezze. E mentre cresce il suo amore contraddittorio per Albertine, il dubbio che questa possa aver avuto rapporti saffici lo tormenta. La gelosia per Albertine quindi cresce, dilaga, e il protagonista oscilla tra la decisione di lasciarla e quella di sposarla. In Normandia, però, l'amore angosciante del narratore per Albertine non è l'unico. Tra altri incontri, pettegolezzi, partite a carte, leggiamo infatti degli ammiccamenti omosessuali tra M.de Charlus e il violinista Morel. Amore che sfocerà in una lite che culminerà con un finto duello architettato dal barone stesso per avere ancora vicino a sé l'amato Morel.
Il volume si chiude con la scoperta, durante un viaggio in treno, mentre il narratore ha deciso dentro di sé che non ha più intenzione di sposare Albertine, che quest'ultima avrebbe avuto rapporti lesbici con Madame de Villeparisis e che, forse, quando non stavano insieme in quelle giornate estive, avrebbe continuato a tradirlo con altre donne. La gelosia, la sofferenza, la disperazione e le lacrime si infiammano e le ultime pagine si tingono del buio interiore di una notte che volge al termine. Sconfortato e negli abissi più neri, il narratore decide di lasciare Balbec e rientrare a Parigi insieme ad Albertine.

Siamo di fronte al capitolo dell'omosessualità; il tema, già evidente nel titolo, è centrale. Ma, in fin dei conti, è tutto lo spettro dell'amore, omosessuale ed eterosessuale, a essere preso in esame. E in qualsiasi forma si esprime, l'amore per Proust, evidentemente, è egoismo, è unilaterale, è crudele.

3 giu 2016

Franz Kafka e Praga - Harald Salfellner (Saggio - 2014)

"Il modo migliore per avvicinarsi ai luoghi e alle stazioni della vita di Kafka a Praga consiste nel partire dalla Piazza della Città Vecchia o Piazza dell'Orologio: il centro della città è anche il centro del mondo in cui ha vissuto Kafka".

L'autore di questo saggio, ricco di immagini e di didascalie curiose (unici elementi degni di cattura), concentra la sua attenzione sulla vita del grande scrittore ceco, partendo dalla città in cui ha vissuto. Praga, la bellissima capitale ceca, è il centro del mondo, il mondo magico e brulicante di novità che ha visto tra i suoi figli un Kafka descritto in tutta la sua semplicità. Alla ricerca continua di pace e di silenzi, seguiamo gli spostamenti del giovane scrittore tra le vie e i quartieri della sua città; lo seguiamo nelle diverse abitazioni che ha continuamente cambiato, e così si legge del contesto cittadino e storico in cui visse.

Libro non indispensabile a onor del vero, scevro di emozioni da fissare nella memoria. Resta, tuttavia, il ricordo di un volume comprato in via degli Alchimisti, in una delle case più semplici, silenziose e amate da Kafka.

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