Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

19 gen 2018

La pietra lunare - Tommaso Landolfi (Romanzo - 1939)

"Ma al giovane un solo balenio dei suoi occhi, ombrati da lunghe ciglia, è bastato; i capelli che ella pettina son corti lisci e un po' gonfi, il sommo delle sue spalle e del suo seno, le sue braccia nude, abbagliano fra l'ambra come latte in una coppa di topazio, come alabastro al di qua d'un fuoco, come perle fra l'oro, come neve fra campi dorati d'autunno... in una parola: Gurù!"

Con uno stile prezioso e articolato, il primo romanzo di Landolfi è onirico, vulcanico, surreale, magico, cosmogonico. Ci troviamo di fronte a un parallelismo ben definito, a un'antitetica duplicità: da un lato la monotonia della vita di paese, dall'altro la pulsionalità di un mondo notturno e lunare che solo in pochi privilegiati possono vedere. E sin dalla prima scena, di introduzione al contesto e ai personaggi principali, questo gioco di specchi è presente. 
Il racconto, infatti, inizia con una scena grottesca, quasi fastidiosa; per le vacanze estive, Giovancarlo, un giovane studente di lettere, rientra al paese di nascita e fa visita agli zii e ai cugini. I dialoghi tra loro, i soliti convenevoli, si spengono rapidamente, quasi a sottolineare l'inutilità degli eventi raccontati. Poi, però, da una finestra che si affaccia su ombre appena illuminate dalla luna, due occhi selvaggi fissano l'attonito ragazzo. È Gurù, una bella ragazza, amica degli zii, dalle linee aggraziate, con la pelle delicata, ben vestita, ma che alla fine della gonna mostra due zampe di capra! Dopo la meraviglia e il privilegio della visione di Giovancarlo (unico a notare il mostruoso dettaglio), la ragazza invita il giovane, timido e impacciato, a fare una passeggiata con lei sotto la luna piena, fino all'alba, quando i due si separano, e il mondo si sveglia.
Il giorno seguente, il ricordo della notte di plenilunio, sembra al giovane ancora inesperto delle cose della vita e dell'amore solo un sogno. Fino a quando, ascoltando i pettegolezzi dei paesani, scopre che Gurù ha una storia alle spalle di racconti sulle sue stravaganti abitudini e di emarginazione. Così, incuriosito e affascinato, con un banalissimo pretesto, la invita a casa sua dove capisce che in fondo è innamorato di lei e lei è innamorata di lui. Inizia una storia d'amore tenera, sincera, ma dove il quotidiano è monotono, solito, quasi insignificante. Una notte, però, Gurù sente un bisogno estremo di andare per i boschi sotto la luce di una luna quasi piena. Porta con sé il giovane amante e si svela allora negli occhi di quest'ultimo un mondo collaterale, un altro reale, vero anch'esso, ma non più razionale, bensì magico e misterioso. Qui Gurù ritorna ad avere le zampe di capra che il giovane aveva notato al loro primo incontro; i due incontrano altri personaggi, strani nei modi, violenti anche, impulsivi. È il mondo parallelo della luna e della notte, è il mondo dei sogni e della magia, è il mondo dell'inconscio e della pulsione. La realtà quotidiana, quella della vita di provincia, con i suoi ritmi e i suoi pettegolezzi, si confronta e si trasforma senza una vera e propria frattura con la realtà magica e onirica che si trova sotto la luce lunare.
È evidente che siamo di fronte al racconto di una metamorfosi, dalla luce alle ombre, che si manifesta in Gurù e nello stesso Giovancarlo; anche se il giovane, al termine di questa nuova esperienza notturna, decide di ritornare alla ragione, al sole, alla realtà omologata e quindi a lasciare il paese e Gurù, e ritornare a dare gli esami universitari...

2 commenti:

  1. Splendido! Grazie. Peccato però l'assenza di lieto fine, come ne "Le notti bianche". Ma è pur vero che certe cose non hanno mai fine e soprattutto: "Le cose sono una facciata, una crosta. Dio solo è. Ma nei libri, c'è qualcosa di divino. Il mondo è mistero, le cose evidenti sono mistero, le pietre e i vegetali. Ma nei libri forse c'è una spiegazione, una chiave. Le cose sono dure, la materia, le persone, le persone sono dure, e irremovibili. Il libro è tenero, è disimpegnato. Non ha una crosta. Emana. Il più sporco, il più spesso emana. E' puro. E' d'anima. E' divino. Inoltre si abbandona" (H. Michaux). A noi è pur sempre data la metamorfosi di quelle pagine buone come il pane celeste, la palingenesi della pietra lunare, di Gurù e Giovancarlo...

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  2. Grazie a te per la visita e il commento!

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