Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

27 feb 2018

Racconti impossibili - Tommaso Landolfi (Racconti - 1966)

"Un problema, s'è detto, è insolubile solo a motivo di una sua errata impostazione o di una insufficienza di dati: ma si può esser sicuri che le due cose non ne facciano una sola? e, se mai, come si farebbe a distinguere tra le due, in altri termini a stabilire quale delle due sia causa d'insolubilità?"

I racconti di questa raccolta, nella loro ironia e nel loro gioco di parole, celano enigmi e minacce per il comune significato che attribuiamo al senso della vita e per la visione tradizionale che abbiamo dell'uomo. Con la loro lettura è come se guardassimo il mondo, gli uomini, la vita, la morte e tutto ciò che concerne il senso dell'esistenza da una prospettiva lontana e distaccata. Come in "Un concetto astruso", dove un professore di un'altra galassia cerca velleitariamente di spiegare il significato della parola morte e prima ancora dei concetti di spazio e tempo. Dimensioni di cui noi osservatori, però, non abbiamo alcuna conoscenza e quindi siamo impossibilitati a comprendere la realtà che ci circonda. Siamo ingenui infatti, crediamo di possedere le parole e invece ognuna di essa rimanda al suo opposto e il significato si perde in mille rivoli di insensatezza. Così non stupisce se il problema della lingua e del linguaggio nell'incomprensibile "La passeggiata" si manifesta in tutta la sua astrusa complessità. Non esistono certezze nel mondo landolfiano, tutto è un'illusione e l'imprevedibilità e il senso finito della vita sono la sua sostanza.
Gli inganni della ragione, le difficoltà del linguaggio, le riduzioni all'assurdo si manifestano soprattutto nell'interessantissimo "A rotoli". Qui si raccontano i tormenti di un assassino pignolo ed estremamente logico, che cerca di pianificare un delitto perfetto basandosi solo sulla logica e sul calcolo. Ma il protagonista non riesce a giungere ad alcuna conclusione, si perde nei suoi stessi dedali mentali e quindi decide di lasciare al lancio di una monetina... Il caso è presente ancora con estrema forza in "Quattro chiacchiere in famiglia", in cui Dio, indifferente e terribile, commissiona all'arcangelo Gabriele l'assassinio di alcune persone senza alcun motivo. Se non esistono certezze, c'è solo spazio per il prospettivismo dunque. Come nel "Destino da pollo" che narra della rivolta delle galline contro gli uomini in un cambio di prospettiva e di relativismo estremamente angosciante. 

Insomma, è un Landolfi pessimista, il cui scopo è sondare l'essere uomo utilizzando il linguaggio, ma tutto si rivela relativo e velleitario. È una realtà profonda, terribile, amara, ma i racconti non sempre riescono a catturare l'attenzione...

13 feb 2018

La speranza è più della vita - Emil Mihai Cioran (Saggio - 1985)

"A me interessa solo l'io, l'io assoluto, il creatore. L'esser-soli con il nulla oppure con il tutto, questo dialogo forse impossibile. Può darsi sia solo un monologo, ma gli unici stati che sono importanti per me, che giustificano la vita, sono questi attimi, quando non c'è nient'altro che l'io, il tutto, il nulla, come lo si voglia considerare". 


Le risposte di Cioran all'intervista radiofonica del giornalista tedesco Paul Assall sono preziose perché nella loro brevità sintetizzano il pensiero del filosofo in modo preciso e chiaro. In particolare, il tema portante è quello della storia, dell'uomo e della loro stretta correlazione. Secondo Cioran, noi siamo condannati a non realizzarci mai; nessun miglioramento morale, nessuna evoluzione della società davanti al nostro orizzonte, solo un'implacabile discesa verso il peggio. Siamo destinati, tragicamente, a fallire, ne dobbiamo prendere atto; solo in questa presa di coscienza, nella sua intrinseca rassegnazione, possiamo permetterci di sperare di salvarci. L'uomo nasce già malato, è nella sua ontologia.
Così come le civiltà sono malate, ma non in senso patologico, bensì in senso storico. E l'Occidente ha fatto il suo corso, è stanco, non ha più alcun ruolo storico e si sta spegnendo come un malato terminale. La morte appare quindi come la soluzione al peggio. Ecco perché non c'è in Cioran nessun vero interesse per la storia contingente o per la politica, ma soprattutto per il suicidio e per la sua possibilità di scelta della morte. 
In appendice, è possibile leggere un breve e curioso scambio epistolare tra Cioran e Assall, da gustare con l'occhio dell'appassionato.

È un Cioran maturo, disincantato, in cui il nichilismo si fa puro, senza slanci emotivi, o preoccupazioni legati alla giovinezza (anche se non mancano elementi biografici che quasi sembrano trasparire un che di malinconico...). Un breve libretto sulla decadenza, in fin dei conti.

11 feb 2018

Decadenza - Michel Onfray (Saggio - 2017)

"L'annuncio nietzschiano della morte di Dio nell'Europa dell'Ottocento coincide con quello dell'inizio della fine della civiltà giudaico-cristiana. La traballante fede del XXI secolo non può più ottenere quello che, ai tempi di Guglielmo il Conquistatore, otteneva facendo costruire cattedrali e abbazie, chiese e basiliche. Le impalcature che stringono la Sagrada Familia come una protesi di contenimento simbolizzano perfettamente il punto esatto toccato dalla religione cristiana: una secca ontologica".

Il secondo volume della trilogia, annunciata dal precedente "Cosmo", è una riflessione complessiva sul movimento della Storia; un movimento che, secondo Onfray, è diametralmente opposto ai falsi schemi a prioristici di matrice hegeliana, per esempio. Un movimento vicino, invece, a quello schopenhaueriano o nietzschiano che contempla una forza irrazionale, alogica e vitale al suo fondamento. Nulla può sfuggire all'entropia, così come gli uomini e gli esseri viventi sono destinati a morire, anche le civiltà, nel tempo, subiscono la stessa sorte. Senza ottimismi, senza pessimismi, l'analisi del filosofo francese è reale, è tragica nella sua constatazione: la decadenza che porta alla fine, in un regno thanatocratico, è inevitabile. Più in particolare la sua indagine si sofferma sulla nostra civiltà, quella giudaico-cristiana, come recita l'esplicito sottotitolo: "Vita e morte della civiltà giudaico-cristiana".
Nella storia, nuove potenze si sono succedute a vecchie potenze in decadenza, e tali civiltà hanno sempre avuto dalla loro la forza, ma non quella della verità, piuttosto quella militare. E così si sono imposte, sono diventate uniche e assolute, per poi esplodere e cancellarsi dietro l'irresistibile forza del tempo. Anche la millenaria civiltà giudaico-cristiana, dopo la feroce ascesa e il monopolio assoluto della forza, sta sparendo ed è destinata a perire. In effetti, secondo Onfray, questo processo è già evidente: la nostra civiltà è in agonia, si appresta alla morte, per essere sostituita da un'altra altrettanto forza che presto o tardi sarà anch'essa destinata a scomparire; e così a seguire.
Il volume, quindi, ripercorre tutte le fasi, dalla nascita, alla prepotenza e alla decadenza, della civiltà giudaico-cristiana. Le origini mitiche su cui si è costruita sono lette nella prospettiva di un'illusione: Gesù, infatti, da cui tutta la nostra civiltà ha origine, è solo un personaggio mitologico su cui, per mezzo di sofismi e di violenza, si è costruita una nuova società destinata a regnare per millenni. Da questa evidente assurdità, dalla favola di Gesù, di un anticorpo fatto solo di parole, di allegorie e di simboli, la trasformazione in corpo, in materia concreta si ha con Paolo di Tarso, il quale opera una rivoluzione interpretativa e Gesù diventa Chiesa, spada, istituzione, politica, sangue, fuoco. Ecco allora il turno dell'oceano caotico della patristica e dei loro concili, dei loro sofismi, della loro ferocia antisemita a contribuire alla potenza di questa nuova civiltà in ascesa. E la nascente civiltà giudaico-cristiana, facendosi antisemita, si trasforma unicamente in cristiana. Nei primissimi secoli di sviluppo, in una condizioni di crisi (politica, economica, sociale, culturale), non è stato difficile per le prime sette cristiane inculcare nelle deboli menti di uomini incolti le loro strambe idee mitologiche. Fino a quando, Costantino ha usato la nuova religione come strumento per regnare...
Quando, però, sulle rive del Mediterraneo si formerà un'altra civiltà, quella islamica, violenta anch'essa, vendicativa anch'essa, delirante anch'essa, allora lo scontro risulterà inevitabile. E sarà feroce, come la Scolastica con le sue insensate sofisticherie, i santi ideologi delle Crociate, l'Inquisizione, i processi agli animali, alle streghe. Saranno l'Umanesimo e la riscoperta di Epicuro e Lucrezio, la scoperta delle Americhe e di altre civiltà, a far rinascere una filosofia nuova, a spiegare il mondo che ci circonda usando le armi della ragione e il metodo scientifico. Saranno le prime cannonate a fare scricchiolare la vecchia civiltà. Ecco dunque che Dio si eclissa, e il suo intervento nelle spiegazioni delle cose naturali, lentamente, diventa inutile. Mito che però è presto sostituito. La Rivoluzione francese e i suoi massacri dettati dalla penna del filosofo Rousseau, infatti, prendono il posto del cristianesimo con un'altra nuova e altrettanto pericolosa religione, quella dello Stato (etico). Idea che presto si incarna pienamente nel pensiero hegeliano il quale recupera Dio e ne fa il motore della storia (con tutti i suoi orrori razionali...). E da Hegel il passo verso Marx è immediato, così come quello verso il totalitarismo comunista. Entriamo dunque nel Novecento. Il fascismo, ovviamente, si inserisce dentro questo sentiero, di orrori e massacri in nome dello Stato, recuperando persino il cristianesimo che durante la rivoluzione francese e quella bolscevica era stato sostituito con la religione dell'ateismo. Poi Franco, naturalmente, Hitler, Pétain, il Concilio Vaticano II, il '68, lo strutturalismo, tutti frammenti che segnano l'agonia della civiltà.
Oggi l'Islam e la teocrazia imposta in alcune regioni del mondo non provocano nessuna decisa reazione nel mondo giudaico-cristiano, la nuova società meccanizzata e robotizzata che si sta delineando offre nuovi spunti di riflessione sul futuro con cui presto avremo a che fare; in ogni caso, inevitabilmente, è il nulla il nostro destino.

Ci troviamo di fronte a un volume di quasi 700 pagine che condensa duemila anni di storia; ricco, polemico, tragico. Qui Onfray ci suggerisce di leggere la storia, quella umana, quella mossa dal risentimento, partendo dalle sovrastrutture più che dalla struttura economica e in quest'ottica il fiato della nostra civiltà sembra davvero corto. Per riflettere sui grandi sistemi, per cercare di capire da dove nasciamo, chi siamo e quali sfide dovremo affrontare...

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